Fu svegliata da un calore infernale. A farle riprendere i sensi era stato un caldo insopportabile, come se avesse avuto un mago del fuoco ad esercitarsi ad un centimetro dal suo viso. Provò a muovere la testa, ma subito sentì un dolore acuto lacerarle le tempie. A fatica, mosse un braccio, toccandosi la testa. Era bagnata, come i lunghi capelli violetti. Si portò la mano davanti agli occhi. Era rossa. Sangue.
Con un dolore che ancora non riusciva a spiegarsi, Alucarynn si alzò sui gomiti e si mise a sedere, mentre il dolore l’assaliva, facendole sputare una densa saliva mista a sangue. La nobile oscura si guardò intorno.
Un’enorme, infinita distesa la circondava. Una distesa di nulla se non di sabbia e sassi. E proprio su uno di quei sassi era finita, la testa appoggiata sulla sua superficie resa rovente da un sole implacabile.
‘Dove mi trovo? A Tanaris? A Vol’dun?’
Con un movimento lento, Alucarynn si toccò di nuovo la nuca insanguinata e un bruciore le percorse il corpo. Faceva male, tanto.
‘Korax… sono finita qui con un portale?’
Il dolore le fece abbassare lo sguardo e con la vista ancora annebbiata distinse i suoi vestiti. Era strappati in diversi punti, come se la strega avesse appena combattuto la più feroce delle battaglie. Vederli non le provocò alcun sollievo, ma anzi le fecero scoprire nuove fonti di dolore. I fianchi, le gambe, le braccia, una spalla. Non riusciva a tenere gli occhi bene aperti, della sabbia doveva essere riuscita ad incunearsi all’interno e si sentiva lacrimare. Aveva la gola secca, le labbra spaccate. Persino le mani erano insanguinate, scorticate in alcuni punti.
Si tastò il corpo, con tutta la delicatezza di cui fu capace. Non aveva più il cristallo. Alucarynn tentò qualche movimento, distese le gambe, venendo colpita da un dolore sordo proveniente da un polpaccio. Un dolore che la fece gemere e che le fece scoprire che respirare le provocava una fitta al fianco destro e mancò poco affinché gridasse quando provando a piegarsi in avanti la spalla sinistra non si unì agli altri dolori.
‘Maledetto…’, pensò la strega. ‘Ma non mi hai rotto niente, Korax, altrimenti sarei già svenuta. Io ora mi alzerò.’
Con una lentezza che non le apparteneva, cercando di fare il minor numero di movimenti possibile, Alucarynn riuscì a sollevarsi sulle ginocchia e mettersi a quattro zampe tra lamenti, gemiti e sbuffi. Poi, dopo qualche momento che le sembrò durare quanto l’isolamento di Suramar, si alzò. Ma crollò subito, assalita da un peso insostenibile che le provocò un senso di vertigine.
‘E io che pensavo di alzarmi… Ci morirò qui…’
Guardò davanti a sé, con il respiro affannoso. Non sapeva se il dolore che non l’aveva mai abbandonata in quei lunghissimi minuti le stava facendo avere delle visioni, ma vide una palma non molto distante. Costringendo il proprio corpo, cercando di vincere quel dolore lancinante, gattonò fino ad arrivare sotto la palma, conquistando un riparo dal sole.
Alucarynn si appoggiò al tronco della palma, distendendosi il più possibile e fuggendo da quell’inferno di calore. Ma fu una fuga breve, perché dopo qualche ora, la sfera infuocata nel cielo la raggiunse di nuovo. Si premette una mano sulla nuca, che continuava a bruciare senza sosta.. e finì per addormentarsi.
Fu risvegliata da un brivido che le percorse tutto il corpo. Il sole si trovava all’orizzonte, prossimo a sparire dietro una collinetta di sabbia. Alucarynn cercò di prendere coscienza delle proprie condizioni.
Toccandosi nuovamente la nuca, scoprì che non le bruciava più, l’afa aveva seccato la ferita e il sangue. Ma i dolori che le tormentavano tutto il corpo non l’avevano abbandonata. Si sentiva ancora la gola secca, e i granelli di sabbia erano arrivati anche sotto ai denti. Provò a spuntare, ma senza nessun risultato. In quel momento realizzò che da lì a poco sarebbe scesa la notte. Risentì lo stesso brivido che l’aveva svegliata.
‘Dove sono finita? Come faccio ad andarmene da questo posto maledetto? Da che parte devo prendere?’
Ma poi un dubbio s’impadronì di lei.
‘O dovrei restare qui? Forse dovrei aspettare che qualcuno mi trovi? Reyra… Reyra mi starà già cercando. E anche Kentel. A quest’ora avrà già iniziato a fare l’eroe come al suo solito…’
Provò di nuovo a sputare, a schiarirsi la gola, ma di nuovo fu tutto invano. E allora Alucarynn realizzò. Aveva sete.
Aveva sete e lei si trovava in un deserto fatto di sabbia e sassi. Nemmeno la sua stessa saliva poteva attenuarla.
‘Non posso aspettare nessuno qui. Devo andarmene e trovare al più presto dell’acqua. Devo bere o morirò.’
Con uno sforzo disumano, aggrappandosi al tronco della palma e ferendosi ancora le mani, riuscì a mettersi in piedi, tentando di fare un passo. Ci riuscì. Ma cadde un istante dopo, finendo di nuovo a quattro zampe, scossa da fremiti che le fecero vibrare tutto il corpo.
‘Non riesco a fare nulla, nulla. E non ho nessuno, sono sola. Mi hanno… mi hanno abbandonata.’
Alucarynn sentì una morsa afferrarle la gola, come se qualcuno di invisibile la stesse strangolando. Tremava. Iniziò a singhiozzare. Da quanto non piangeva? Dalla morte della sorella a Teldrassil? Poi c’era stata Reyra. Lei che le diceva sempre di essere la più forte tra loro due. Perché era sempre allegra. Perché aveva vinto, non dimenticato, ma vinto quel dolore con la vita. La sua. La stessa vita che non l’aveva più fatta piangere e che l’aveva invece fatta danzare, cantare, amare.
Ma lì Reyra non c’era. In quel deserto non c’era nessuno. Nessuno l’avrebbe vista piangere. Nessuno…
Quando ebbe finito, e i suoi occhi si alzarono di nuovo nonostante si rifiutassero di farlo, l’arancione del tramonto aveva quasi lasciato spazio al blu scuro della sera. La nobile oscura si sedette, constatando che i dolori, finalmente, le avevano lasciato un po’ di tregua, anche se lo stesso non si poteva dire per la sete. Il bruciore si era spostato dalla nuca alla gola, e la costringeva a tossire.
‘Non posso mollare’, pensò Alucarynn. ‘Non devo mollare. E non posso nemmeno restare qui. Korax mi ha fatta entrare in un portale che mi ha condotta in questo deserto. Non so dove sono e non lo sa nessuno. Sono troppo lontana da Dalaran. Nessuno mi cercherà qui e nessuno mi troverà mai. Devo alzarmi e andare via. Camminare, trovare dell’acqua, qualcosa da mangiare. Devo farlo o morirò. Questo deserto non può essere infinito, da qualche parte dovrà pure finire. Si. Si, camminerò fino a quando non troverò dell’acqua e arriverò alla fine di questo deserto. Ne uscirò e tornerò dagli altri.’
Con una determinazione che credeva di aver perso, Alucarynn raccolse tutte le forze che aveva e si mise in piedi e fece un passo. E poi un altro. E un altro ancora. Ci riuscì, questa volta non cadde.
‘Bene, iniziamo. Lì è dove sta per tramontare il sole, quindi quello è sicuramente l’ovest. Andrò di là. Non devo abbattermi, sono una strega addestrata e ho combattuto anche una guerra. Devo solo aspettare che mi tornino le forze e poi mi metterò a correre. E chissà, potrei anche utilizzare la mia magia. Si, farò così. Ah, per cosa mi stavo disperando? Chissà quante volte Reyra si sarà trovata in una situazione come questa. E anche peggiore, ricordo quando mi ha raccontato dell’assedio di Quel’Thalas. E Kentel… Kentel è fuggito dai demoni. Per tutta la vita è stato con loro alle calcagna. No, non sarò da meno. Ora cammino.’
Iniziando la marcia le cadde un pezzo di stoffa che le copriva un braccio. Lo lasciò dov’era. Non voleva abbassarsi di nuovo e tanto non le serviva. Alucarynn camminò per due ore, senza che il paesaggio intorno a lei cambiasse minimamente. Ma scoprì che sulle foglie delle palme si formava una sorta di rugiada. Alucarynn si avvicinò a tutte quelle che poteva raggiungere, leccando le foglie con avidità, senza pensarci due volte, catturando ogni gocciolina d’acqua possibile, trovando un po’ di ristoro per la sua gola.
Nel frattempo era calata la sera e con lei era arrivato un fresco che la nobile oscura accolse gioiosamente. Dopo tutto quel calore che le aveva bruciato la pelle, quell’aria fresca le diede un piccolissimo senso di benessere. Ben presto però, l’aria da fresca divenne di un freddo pungente. Alucarynn iniziò a battere i denti, decidendo di, nei suoi limiti, affrettare il passo, sperando che il movimento la tenesse calda. Ma con il calare della sera, alla nobile oscura fu impossibile vedere la strada davanti a sé, e Alucarynn cadde diverse volte, graffiandosi le braccia, le gambe, i polsi. E l’orizzonte era sempre uguale. La fine di quel deserto non si vedeva. Capì che doveva fermarsi.
Si sedette, in mezzo al nulla, in preda ad una disperazione che le tolse nuovamente tutte le forze. Da qualche parte, nelle vicinanze, sentì qualcosa strisciare. Probabilmente un serpente. Alucarynn non aveva più idea di dove stesse andando, se in quella marcia fosse riuscita a mantenere la direzione che aveva scelto. Il punto in cui il sole era tramontato non se lo ricordava più ormai. Tremò. Il freddo la costrinse a raggomitolarsi, a cercare di stare il più compatta possibile. Forse inconsciamente o forse no, iniziò a mancarle il sole, sebbene fosse consapevole che quel disco infuocato le avrebbe fatto bruciare di nuovo la pelle e soprattutto, che le avrebbe impedito di camminare.
Si sentì di nuovo assalita dalla paura, dall’angoscia, dal desiderio di piangere. Ma rifiutò di farlo. Non l’avrebbe permesso.
“Io non piangerò!” Gridò a nessuno, nel vuoto del deserto. “Mi hai sentito Korax?! Io non piangerò!”
Ripensò ai suoi poteri, alla sua magia. Se solo… Poi però ci pensò bene.
‘Ehi, aspetta. Non potrò fare grandi magie, ma una piccola pallina di fuoco per illuminarmi la strada forse si!’
Alucarynn si rimise di nuovo in piedi, con rinnovata speranza. Si concentrò al meglio che potè, fino a quando nel palmo della sua mano si formò, sospesa in aria, una piccola sfera incandescente.
‘Reyra, Kentel.. state a guardare.’
La strega riprese la marcia, piena di un’energia che non sapeva da dove le venisse. Iniziò persino a camminare speditamente, scegliendo di volta in volta dove andare. Con la luce del fuoco scacciò via serpenti e scorpioni, fino a quando non vide una figura appoggiata in piedi sul tronco di una palma.
Alucarynn si fermò. L’aveva riconosciuto, subito. Così come lui aveva riconosciuto lei. Anzi, la nobile oscura era certa si trovasse lì proprio per lei. L’elfo del sangue si staccò dal suo posto, voltandosi.
“Vuoi il mio aiuto, Alucarynn? Io posso aiutarti.”
La nobile oscura maledisse il suo stato precario che le impediva di affrontare Korax come avrebbe voluto.
“Vattene!” gli rispose con rabbia. “Non voglio niente da te, non ho bisogno di niente, di nessuna cosa!”
Non voleva saperne più niente di lui, tanto da non chiedergli nemmeno dove l’avesse portata, o come si uscisse da quel deserto. Era inutile, lui avrebbe soltanto giocato con lei.
Korax non le rispose, limitandosi a ridacchiare sommessamente, farle un inchino e poi sparire nel nulla. Alucarynn non si pentì di quella decisione. Sarebbe uscita da sola da quel posto, sarebbe da sola tornata dagli altri.
Ma dopo qualche ora, la sfera incandescente sospesa sulla mano iniziò a rimpicciolirsi, ad emettere sempre meno luce e meno calore, fino a quando svanì del tutto.
La strega Alucarynn non ci provò nemmeno a rievocarla. La stanchezza, la debolezza del suo corpo avrebbe reso comunque vano ogni tentativo. Stancamente si appoggiò ad un sasso dalla forma irregolare ma con la superficie piatta che trovò a terra. Appoggiò la testa, aspettando non sapeva nemmeno lei cosa. All’orizzonte nel frattempo fece la sua comparsa un pallido bagliore. E in quel momento la nobile oscura capì di aver sbagliato strada, di essere andata dalla parte opposta a quella che aveva deciso.
Prima che il sole facesse capolino, ebbe di nuovo sete.
“Acqua… datemi dell’acqua…”
La sua voce aveva perso tutta la gioia che aveva avuto fino a qualche giorno prima. Era stata svuotata, era roca. Si mise a quattro zampe, come una bestia, e premette la bocca sulla pietra piatta su cui aveva poggiato la testa, per succhiare la rugiada che la notte aveva lasciato, prima che venisse bruciata dal sole.
Alucarynn si alzò e con le ultime forze che le restavano diede le spalle al disco infuocato che stava per sorgere, procedendo in direzione opposta. Strani pensieri iniziarono ad affacciarsi nella sua mente.
‘Potrei bere il mio sangue… Anche il sangue è liquido…’
Riuscì a camminare forse per un’ora, prima di cadere senza aver più la forza per rialzarsi, procedendo strisciando.
“Mordimi”, supplicò un serpente. “Tanto sto per morire.” Ma nemmeno quello ebbe pietà di lei, scomparendo tra la sabbia. Quando Alucarynn si fermò, stremata, tra rantoli e lamenti alzò la testa e vide la pietra con il suo sangue seccato e la stoffa del braccio che si era lasciato indietro quando era partita.
“R-Reyra…Re..y…ra… Aiu…ta…mi…”
Invocava qualcuno che sapeva non poterla sentire, con la voce spezzata, distrutta. Non aveva neppure la forza per piangere.
Strisciò ancora per qualche metro, con la testa bassa, fino a quando le sue mani ormai scorticate quasi del tutto dall’arsura e delle numerose cadute in quell’inferno maledetto, non toccarono quello che riconobbe essere uno stivale.
Alucarynn alzò lentissimamente la testa. Gli occhi arrossati e gonfi, i capelli viola completamente sfatti, il corpo pieno di tagli e lividi. Era di nuovo lui, di nuovo Korax. In mano aveva qualcosa che luccicava di una luce bianca.
Il mercante si piegò sulle ginocchia. Le toccò con una dolcezza malvagia i capelli.
“V-vattene…ho..d-detto…c-che..n-non ho…b-bisogno di n-niente…”
La nobile oscura non sapeva se avesse le allucinazioni, ma Korax non aveva più l’aspetto di un elfo del sangue. Il suo volto era come quello di una statua di pietra, i suoi occhi due malvagie pozze gialle.
“Hai ragione ragione tu, Alucarynn.” La voce del mercante ora era più bassa, più inquietante. “Non hai bisogno di niente. Perché nessun prezzo è mai troppo grande per ottenere quello che vogliamo.”
La sua mano le passò davanti al viso. “Non hai più bisogno di una voce per gridare il tuo dolore.”
La bocca di Alucarynn si serrò, come se le fosse stata cucita. Voleva parlare, ma non ci riusciva. Le parole le si fermavano nella gola, non uscivano. I suoi occhi urlavano, ma la sua bocca era immobile.
Korax, con il movimento inverso a quello precedente, ripassò la sua mano davanti al suo volto.
“Non hai bisogno di nessuna volontà da spezzare.”
La nobile oscura tentò allora di muoversi, ma nemmeno il suo corpo le rispondeva più. Anche quello era diventato immobile. Il suo cervello ordinava ai suoi arti di muoversi, ma quelli non obbedivano più. Infine, Korax ripeté il suo gesto un’ultima volta.
“E non hai bisogno nemmeno di una mente per pensare.”
La mente di Alucarynn iniziò a svuotarsi, a diventare una tela bianca. I ricordi a sbiadire, la coscienza a svanire. Tutto divenne bianco. La vita iniziò ad abbandonarla.
“Da molti millenni calco le terre di Azeroth, dolce Alucarynn. Ho collezionato milioni di cristalli, milioni di anime di persone consumate dai loro desideri. Ma nessuna è stata splendente come la tua, nessuna brillava come la tua. Così forte da addolcire persino la Lama Gentile… E grazie a te prenderò anche la sua. Tu Alucarynn…”
Korax le avvicinò il cristallo completamente trasparente che sempre più rapidamente prese un colore violetto. Il corpo della strega nobile oscura giaceva immobile, senza nemmeno più il respiro.
“Tu sei la mia scintilla di luce.”