Nei successivi sei mesi, uscii ben poche volte dall’accampamento. Le giornate iniziavano sempre presto, per lo più all’alba, quando vedevo gli altri uscire a turno. Le mie giornate le trascorrevano la mattina con Krogrash, che mi insegnava la lingua e la cultura degli Orchi. A mezzogiorno ero con Otrok, che all’inizio non voleva saperne nulla di stare con me, figurarsi ad addestrarmi nel combattimento in mischia. “Sono un guerriero, non una fottuta bambinaia!” aveva protestato. Per convincerlo avevano dovuto garantirgli una incursione a settimana contro gli Umani. La sera invece ad allenarmi era Nyx, nel tiro con l’arco. Era l’unico momento in cui riuscivo a vederla. E quella sera, ci stavamo proprio allenando…
“Guarda che ti vedo, Lilith, è inutile che mi fai le linguacce quando sono girata. Non mi interessa se Otrok oggi ti ha sfiancata, l’allenamento non lo salterai”, la avvertì Nyx porgendole il piccolo arco che aveva intagliato su misura per la piccola elfa.
“Ma non è giustooo!” protestò Lilith. “Mi fa sempre combattere con un rametto, non mi da mai la sua arma! Dice che quella non è per le bambine ma per i pellirosa!”
“Pellerosa.”
“Si, quelli lì, perché che ho detto io? Ma come faccio ad imparare se mi alleno sempre con i rametti?”
“Prendi l’arco e smettila di lamentarti, su!”
“Uffaaaaaa…! Non mi piace l’arco! È difficile, è complicato, è duro, ha una forma brutta! Dammi una spada o un pegnale, così faccio tutti a pezzettini, zac zac!”
“Pugnale. Ma non è per te, non ancora almeno, e non fare di nuovo i capricci. Ti ho già spiegato che saper usare l’arco è importante, perché ti permetterà di difenderti a lunga distanza fino a quando non sarai abbastanza abile da usare le armi corpo a corpo.”
“Ma non mi piaceeeee!”
Nyx alzò il tono della voce. “Basta frignare, Lilith! In posizione, su, non perdiamo tempo!”
A malavoglia, la piccola elfa impugnò l’arco e prese una freccia, ovviamente anche quella di legno, tentando di mettersi in posizione come le aveva spiegato Nyx.
“No, non così!” la riprese l’orchessa pungolandola con un rametto. “Dritta quella schiena! Le spalle, le spalle all’indietro, quante volte te lo devo dire? Braccio alto, parallelo alla spalla! Ecco, brava, ora ci sei! Mira a quell’albero lì davanti a noi eeeeee… scocca!”
La freccia di legno scoccata da Lilith presa una sbilenca traiettoria ad uscire, ed invece di centrare l’albero innanzi a loro, finì senza forza alla loro destra.
“Direi che ne abbiamo ancora da allenarci…” constatò la cacciatrice. Ma Lilith era presa da tutt’altro.
“Signora Nyx! Guarda, guarda! I fiori, i fiori!” Il suo volto si illuminò, gettò l’arco a terra e con le piccole gambe corse in direzione di quello che stava indicando.
“Uhm? Ehi, torna qui! Lilith!” provò a riprenderla l’orchessa, ma senza successo, che quindi si incamminò per raggiungere la piccola elfa.
“Lilith?”
“Lo sai come si chiamano questi? Io lo so! Si chiamano girasoli. E lo sai perché si chiamano così? Io so anche questo! Perché seguono sempre il sole! A Quel’Thalas ce ne sono davvero tantissimissimi!”
“Ti piacciono?”
“Si, mi piacciono! Perché nonostante tutto quello che c’è intorno a loro vedono sempre il lato bello delle cose. Anch’io voglio essere così.”
Uno strano silenzio passò tra Nyx e Lilith in quel momento, mentre la bambina toccava delicatamente uno dei girasoli.
“Signora Nyx?”
“Dimmi, Lilith.”
“A casa tua questi fiori non c’erano? Krogrash mi ha detto che venite da un posto che una volta era pieno di piante e tutto colorato che si chiama Drinor.”
“Draenor. Beh, si c’erano molte piante di tutti i colori, però questi… no, non me li ricordo.”
“E perché adesso non ci sono più? Sono venuti i cattivi a distruggere le piante?”
Nyx aggrottò la fronte. Ripensò a Gul’dan. Alla sua stessa gente che aveva distrutto il loro pianeta.
“Si… I cattivi…”
“Signora Nyx?”
“Dimmi, Lilith.”
“Se imparo ad usare l’arco potrò andare con gli altri? Mi piacerebbe uscire dall’accampamento, andare a vedere casa mia…”
L’orchessa si avvicinò ulteriormente alla bambina.
“Beh… Dovrai saperlo usare molto, molto bene. E allora chissà, magari un giorno… Ora però dobbiamo andare, forza. Se vuoi uscire dall’accampamento devi addestrarti.”
Lilith indugiò con lo sguardo ancora per qualche istante sui girasoli ed i loro petali gialli in cerca della loro fonte di luminosità. Poi si alzò e riprendo il suo sorriso e il suo saltellare come una cavalletta tornò a riprendere l’arco.
Da quella volta mi impegnai a fondo nell’addestramento, ansiosa di uscire, di vedere il mondo fuori dall’accampamento degli Orchi, di tornare a casa. Ma quello fu un giorno importante, perché cambiò la storia di Azeroth e soprattutto, quella mia e di Nyx.
“Brava, sei già migliorata rispetto a prima!” disse compiaciuta Nyx incoraggiando Lilith. La sua freccia di legno non aveva centrato l’albero nemmeno questa volta, ma si era avvicinata molto più di prima. “Dai, proviamo un’altra.”
“Nyx, Nyx!”
Una voce si faceva largo tra gli alberi. Una voce profonda, accompagnata da frenetici e pesanti passi.
“Nyx! Oh, finalmente vi ho trovato!”
Krogrash aveva il fiatone, come se stesse scappando da un’intera legione di demoni.
“Ehi, Krogrash, che succede? Perché tanta fretta?” l’orchessa era stranita da quel comportamento. Non era da lui. Lilith intanto aveva abbassato l’arco.
“L’hanno preso, Nyx. L’hanno preso!”
“Chi? Otrok? Quello stupido deve sempre menare l’ascia, lo andrò a prendere anche stavolta, ma giuro che gli rompo la schiena!”
Lo sciamano stava a fatica recuperando fiato.
“No… Doomhammer. Hanno preso Doomhammer. L’Orda ha perso la guerra. Dobbiamo andarcene.”
Illustrazione in evidenza di FlorentCourty.