“Sei sicuro che possiamo fidarci di questo Torrhen?”
Rhenya camminava con passo svelto a fianco a Æthelweard. Il cigolare delle tavole di legno era incessante. Quel rumore era udibile praticamente in tutta Boralus, e come poteva essere diversamente in una città portuale come quella?
“Fidarsi è esagerato”, replicò il paladino. Ormai l’armatura la portava di rado, più quando si trovava nelle terre selvagge che quando era nei paraggi di città o villaggi. Con il tempo aveva maturato una certa esperienza nel combattimento, e all’interno di mura amiche si sentiva al sicuro. A maggior ragione se con lui c’era Rhenya. L’elfa era diventata, se possibile, un’arciera ancora più implacabile. Quante volte durante quei quattro anni gli aveva guardato le spalle. ‘E salvato la vita!’ pensava spesso Æthel. ‘Sicuramente più di quanto io l’abbia salvata a lei.’
“Però è stato a Stormwind di recente, viene da lì. Con questa storia del trono non possiamo affidarci a qualcuno del mio popolo, meglio cercare informazioni da qualcuno di esterno.. L’ultima volta che ho fatto un errore simile sono finito prigioniero per sei mesi… e direi che mi è bastato.”
La tempesta della sera prima era passata, e su Boralus il sole stava alzandosi nel cielo per portare un po’ di calore in quella terra in cui l’odore del sale era così insistente. Trovarono Torrhen l’Ombra al molo, davanti ad una barca ed a… due bambini?
“Cosa fa? Insegna magia?” chiese senza aspettarsi risposta Rhenya. Æthelweard sbuffò. Dal palmo di uno dei due fanciulli era comparso un piccolo globo di fuoco.
“Torrhen!”
Era vestito allo stesso modo della sera prima, ed ora che lo vedeva in piedi, Æthel ebbe la conferma di quello che aveva intuito: il corpo di quell’elfo era completamente fasciato. Il suo occhio dorato si spostò verso lui e Rhenya, ma non rispose. I due bambini erano un maschio ed una femmina, non potevano avere più di 7 anni.
“Cosa stai facendo?” Chiese Rhenya. Ma a rispondere non fu il veterano, ma la bambina.
“Il signor Torrhen ci stava insegnando la magia!” era entusiasta, era innegabile. “Lui l’ha usata per scacciare i cattivi da Quel’Thalas!”
“Ah sì?” Æthelweard diede uno sguardo all’elfo. A causa delle bende era impossibile capire quale emozione stesse provando in quel momento. L’occhio dorato però sembrava stesse sorridendo. “È pericoloso per due bambini così piccoli giocare con la magia! E che fate qui a quest’ora? Tornate a casa, su!”
Æthel vide gli occhi dei bambini spegnersi.
“Va bene, signor Æthelweard…” dissero a testa bassa mentre si allontanavano tenendosi per mano, il paladino li seguì brevemente con lo sguardo. Poi si voltò verso i due elfi.
“Ora andiamo a cercare una nave per Stormwind.” Prima si avvicinò a Torrhen.
“La prossima volta però il cattivo lo fai tu.”
I tre iniziarono così a guardarsi intorno per trovare una barca diretta verso i Regni Orientali, quanto più possibile vicino a Stormwind. Quella mattina a Boralus erano ormeggiati solo mercantili.
‘E potrebbe non essere una brutta notizia’, pensò Æthelweard. ‘Non voglio viaggiare verso Stormwind in un nave da guerra.’ Iniziarono chiedendo al capitano della Sirena di Lordaeron, un uomo smilzo dai corti capelli sale e pepe, ma egli rifiutò di far imbarcare il trio a bordo della sua nave.
“Giurate fedeltà al nostro Re Anduin e vi porterò dove vi pare”, gli aveva detto. A nulla erano valsi i tentativi di Æthelweard di convincere il capitano. Tentarono poi dall’altra parte del molo, dove era ormeggiata la Little Sunshine. Ma anche qui, il trio non ebbe fortuna. Il capitano un uomo del posto ben più anziano e corpulento del precedente, si rifiutò categoricamente di imbarcare Æthel, Rhenya e Torrhen.
“Kul Tiras non fa parte dell’Alleanza, e che la Luce mi folgori ora se mai mi immischierò nei loro affari”, aveva detto senza ammissione di replica.
“Sto iniziando ad innervosirmi”, disse Rhenya, con un cenno di impazienza nella voce. “È possibile che vuoi uomini siate così poco solidali e disposti ad aiutare?”
Torrhen era stato in silenzio per praticamente tutto il tempo, ma fu lui a suggerire la prossima mossa.
“Proviamo lì.” Æthel non era ancora abituato a quella sua voce ovattata dalle bende. Indicò con il dito un altro mercantile, la Torre del Mare.
Rhenya si avviò subito. “Tanto prima o poi ne troveremo una…”
Il capitano della Torre del Mare era uomo dalle pelle scura, ben piazzato, ma senza capelli. “Capitano, dove siete diretti?” chiese l’elfa.
“Alla Baia del Bottino, mia signora, negli ultimi tempi il commercio è ottimo da quelle parti.”
“Ci dareste un passaggio fin lì?” azzardò Æthelweard, che nel frattempo insieme a Torrhen aveva raggiunto Rhenya. Il capitano sbarrò gli occhi, un’espressione di sorpresa e gioia apparve sul suo volto.
“Ser Æthelweard! Ser Æthelweard il Dorato, siete voi!”
“Si, sono io, ma come vi dicevo…”
Ma il capitano non gli fece finire la frase.
“Oh, sia benedetta la Luce, come state milord? È passato così tanto tempo da quando mi salvaste dai non-morti, vi ricordate?”
Æthelweard si sentì confuso ed in imbarazzo. Aveva visto tante di quelle persone in quegli anni…
“Perdonatemi, ma…”
“Oh, ma certo, certo! Ser Æthelweard il Dorato ha difeso tanta di quella brava gente che non può ricordarsi del buon Yitas!” rise. “Salvaste la vita a me e la mia famiglia nella Foresta di Silverpine, due anni fa!”
“Possiamo pagare, per l’imbarco buon uomo. Non vorremmo approfittare del vostro buon cuore”, intervenne Rhenya.
“Oh, milady”, a quella parola Æthel vide con la coda dell’occhio il volto di Rhenya contrariarsi. Gli scappò un mezzo sorriso. “Sarà un onore per me trasportare Ser Æthelweard il Dorato e chi è con lui nella mia nave!”
‘Ormai che ci siamo…’
“Potete portarci a Stormwind? Abbiamo bisogno di raggiungere la capitale…” Æthelweard tentò. Forse era davvero un approfittarsi di Yitas, ma se c’era una possibilità di arrivare a Stormwind senza perdere troppo tempo…
Il capitano Yitas sembrò mortificato a quella richiesta. “Perdonatemi, milord, ma ho sentito che a Stormwind le acque non sono molto tranquille.. se possibile vorrei evitare di portare la Torre del Mare da quelle parti…”
Fu Rhenya a tagliare corto. “La Baia del Bottino andrà benissimo”, disse salendo a bordo. “L’importante ora è raggiungere il continente, poi ci metteremo in marcia, Æthel.”
“Si, va bene”, concordò il paladino, che poi si voltò verso Torrhen. “Buona intuizione, Torrhen!” si complimentò. Quest’ultimo non rispose, limitandosi a fare un cenno di assenso con il capo.
‘Il locandiere l’aveva detto che parlava poco…’
Poi lo invitò a salire a bordo. “Prego, dopo di te!”
Torrhen l’Ombra oltrepassò Æthelweard, il quale si accodò a lui ed entrambi salirono sulla Torre del Mare. Fu solo allora che il paladino notò una presenza a bordo. Un’altra elfa, dai capelli lunghi e scuri. Portava una veste di un blu pallido scoperta ai lati e che si restringeva sul seno prosperoso e sulla pancia.
“Raggiungiamo Rhenya, Torrhen”, disse Æthelweard all’elfo davanti a lui. Nel passare davanti vide l’altra elfa, che probabilmente li stava guardando, distogliere lo sguardo e sfiorarsi la gola.
“Ci vorrà qualche ora fino alla Baia del Bottino”, li avvertì Yitas. “Godetevi il viaggio, miei signori!”
I tre si ritrovarono sulla prua della Torre del Mare. Rhenya non perse tempo.
“Con chi hai combattuto, Torrhen? Non ricordo di averti visto a Quel’Thalas.”
Æthelweard vide l’occhio dorato dell’elfo fissare la sua amata. Non rispose subito, poi la voce ovattata tornò a riempire l’aria.
“La nostra è una terra molto grande, Rhenya. Ero di stanza al confine quando i non morti ci hanno attaccato. Sfortunatamente sono stato vittima dei negromanti di Arthas… E questo che vedi è il risultato…”
“Hanno usato la magia oscura su di te?” Chiese Æthelweard. “A che scopo? Non eri morto, non potevano rianimarti…”
Torrhen si voltò verso Æthel. “Non lo so. Magari era qualche esperimento… La malvagità del Flagello non è un mistero. Ora il mio corpo è completamente bruciato.”
“Però puoi usare ancora la magia”, fece notare Rhenya. “La stavi insegnando a quei bambini.”
“Sono sempre stato appassionato di magia… Ma non sono un mago, so solo qualcosina, qualche trucco da imparare ai fanciulli, niente di più. Ormai non sono più in grado di combattere…”
“E qual è il tuo scopo, in questo mondo, Torrhen?” chiese ancora l’elfa.
Æthelweard ebbe come la sensazione che lo sguardo dell’elfo dal corpo fasciato su Rhenya si facesse più intenso.
“Lasciare qualcosa a chi verrà dopo, Rhenya. Un Azeroth migliore di com’è.”
In quel momento intervenne il capitano, il quale aveva lasciato il timoniere alla guida della nave.
“Un Azeroth migliore sarebbe sicuramente uno senza non morti! Ser Æthelweard, quando ci vendicheremo di quello che hanno fatto a Lordaeron? Quando ci riprenderemo il trono di Re Terenas?”
“Quella non è più la mia vendetta, Yitas. Non so quando Lordaeron tornerà ad essere degli Uomini…”
Il capitano della Torre del Mare restò sorpreso. “Ma come sarebbe!? Un paladino del Silver Hand come voi, non vuole vendicarsi di quelle immonde creature e riportare la Luce a Lordaeron?”
‘Riportare la Luce a Lordaeron.. come mi disse lei..’
“Certo che voglio vendicarmi e riportare la Luce a Lordaeron, Yitas. Ma non come tu o molti credete. Cinque anni fa, credevo che una volta diventato paladino avremo ricacciato l’Orda, sconfitto i non-morti… Ma ero un ragazzotto che sognava il Silver Hand… Poi ho scoperto che non era come credevo. La mia vendetta ora è sopravvivere all’Orda, ai non-morti. Combatterla, certo, ma essere ancora vivo quando non ci saranno più. Questa sarà la mia vendetta, Yitas.”
Il capitano diede una pacca sulla spalla di Æthel.
“Ser Æthelweard, anzi ragazzò, se mi permettete.. sono sicuro che quel giorno arriverà presto. Ora scusatemi, ma torno alla mia nave… Non vorrei che i ragazzi qui battessero la fiacca!” Rise anche stavolta.
Nessuno parlò più per il resto del viaggio. Æthelweard cercò più volte con la coda dell’occhio l’altra elfa a bordo per vedere se li osservava, ma ogni volta che aveva controllato, la donna stava guardando altrove.
Quando arrivarono alla Baia del Bottino era già tardo pomeriggio. Ringraziarono e salutarono il capitano Yitas ed il suo equipaggio per il passaggio, poi uscirono rapidamente da quel caos di tavole di legno e goblin avidi che era la Baia.
‘Almeno non abbiamo lo stomaco vuoto’, pensò Æthelweard mentre davanti ai suoi occhi si estendeva la Valle di Rovotorto. Un vero e proprio inferno di caldo umido e palme alte. Il paladino si chiese come facesse a non avere caldo Torrhen l’Ombra stretto com’era nel suo mantello e cappuccio.
“Dai, alla fine non siamo nemmeno così lontani. Per domani saremo già a Stormwind.” Disse Rhenya mentre si sistema l’arco e la faretra. Anche lei indossava un cappuccio color verde pallido e una leggera armatura in cuoio che le permetteva di muoversi con agilità.
“Si, ma oggi entro la notte voglio essere fuori da questo orribile posto”, chiarì Æthel.
Erano in marcia quando udirono urla e ruggiti. “Che succede adesso?” la voce di Rhenya faceva trasparire tutto il suo allarmismo. i tre si mossero insieme verso la fonte delle voci.
“Anche qui!” disse Æthelweard con rabbia. Sei non morti avevano attaccato un gigantesco orso, il quale li stava tenendo a bada come meglio poteva.
“Che facciamo?” chiese il paladino ai suoi compagni.
Ma per Rhenya non c’era niente da decidere. “Ucciderò qualsiasi non-morto mi capiterà a tiro!” E mentre diceva queste parole, con una velocità sorprendente, incoccò una freccia a la scaglio contro uno dei non morti colpendolo in pieno petto. Questo caracollò e poi si volse verso il terzetto emettendo un grottesco suono gutturale. Gli altri non morti notarono Æthel ed i suoi compagni e, lasciando stare l’orso, si misero a correre verso di loro, mentre la bestia li inseguiva.
Æthelweard si mise subito in posizione di combattimento. Estrasse la spada che portava alla cintola ed iniziò ad invocare il potere della Luce.
“Rhenya, tu prendi i più lontani! Di quelli più vicini a noi mi occupo io!”
L’elfa aveva già incoccato altre due frecce. “Non c’è bisogno che me lo dici, amore mio!”
Poi il paladino si voltò. “Torrhen, tu stai indietro.” L’elfo annuì con la testa.
Æthelweard era ormai pronto a scagliare il potere della Luce contro i non morti che erano ormai vicini a loro, quando sia che lui che Rhenya furono interrotti dalla comparsa dalla fitta vegetazione della Valle di Rovotorto, di un uomo.
‘Ma cosa…’
Non era un cavaliere, sicuramente. Non aveva armatura, vestiva dei pantaloni marroni di cuoio, con un leone nella cinta, e nella parte superiore del corpo una sorta di pettorale dello stesso materiale. I possenti muscoli delle braccia però erano scoperti, e alla testa portava una benda di color rosso. Era armato di due spade. L’uomo si avventò sui non morti con una violenza ed abilità che lasciarono Æthelweard sbigottito. Non aveva mai visto nessuno combattere in quel modo. Le due spade sembravano danzare sui corpi dei non morti, mettendo a segno colpi letali e precisi. In poco tempo, tutti e sei erano stesi al suolo, morti definitivamente.
L’uomo non sembrò badare a loro, e si precipitò subito verso il grande orso.
‘Vuole uccidere pure lui?’
Ma quel pensiero di Æthel fu subito smentito. Il misterioso guerriero si approcciò alla bestia con preoccupazione, accarezzandogli il pelo. Poi, incredibilmente, gli parlò. Aveva una voce decisa e determinata, forte.
“Broll, tutto bene?”
L’orso emise un verso come di rassicurazione, poi iniziò a mutare la sua forma. In pochi instanti davanti ad Æthelweard, Rhenya e Torrhen non c’era più un orso ma un elfo della notte. Un elfo dalla foltissima capigliatura e barba di un color verde acceso e due corna che gli uscivano dalla fronte. L’elfo della notte era affaticato, ma riuscì a rispondere all’uomo.
“Si, Lo’gosh, grazie. Ce l’avrei fatta anche da solo, ma forse mi avrebbero aiutato anche loro.”
Æthelweard era incredulo. Solo allora l’uomo li guardò. Fu come guardare negli occhi di un leone. Un brivido gli percorse tutto il corpo.
‘Ha detto Lo’gosh? Questo sarebbe Varian Wrynn, il Re di Stormwind? Il mio Re…?’
Illustrazione in evidenza di RemarkWatson.