Questa settimana, con l’apertura del nuovo raid della patch 9.2 “Fine dell’Eternità“, si è concluso uno principali archi narrativi di Shadowlands, ovvero quello Anduin Wrynn. Nelle ultime ore, Wowhead ha pubblicato un’interessante analisi di questo dibattuto finale, e qui andremo a riproporvelo.
Il cinematic in questione avviene alla fine dello scontro con lo stesso Re di Stormwind all’interno del Sepolcro dei Primi, ed in questo articolo andremo ad analizzare questo finale, cercando di capire cosa ha voluto mostrarci Blizzard con questo filmato. Prima di iniziare però, una doverosa premessa.
È ovvio che ognuno abbia i propri gusti, il cinematic a diverse persone non è piaciuto (e ad altrettante sì), ma ciò appunto rientra nel giudizio personale che ognuno si è fatto di questo finale. Quest’articolo non vuole convincere nessuno, è una semplice analisi di quello che vediamo a schermo e di ciò che era intenzione di Blizzard comunicare. Detto ciò, possiamo iniziare la nostra analisi, avvisando come al solito che seguiranno SPOILER!
Wrath of the… Shadowlands
Il filmato inizia negli istanti immediatamente successivi allo scontro. Quello che vediamo è un Anduin ancora saldamente sotto il controllo del Carceriere. Il Re di Stormwind è sofferente, piegato dalla volontà di Zovaal, una forza che sembra non lasciare nessuno spiraglio per una liberazione di Anduin. La situazione però, cambia quando una mano si appoggia sulla spalla sinistra del giovane Re. E non è una mano qualsiasi, ma quella di suo padre, Varian Wrynn.
Ed è proprio in questo momento che inizia una serie di parallelismi molto forti tra Shadowlands e un’altra espansione di World of Warcraft molto amata dalla community: Wrath of the Lich King. Il primo di questi parallelismi è rappresentato proprio da questa scena che vediamo in alto. Essa infatti ricorda contemporaneamente, due scene del passato. La prima è legata alle parole che Varian pronuncia in questo filmato: “figlio mio”. Sono le stesse parole che abbiamo sentito dire a Terenas Menethil nel cinematic introduttivo di Wotlk, in cui vedevamo l’allora Re dei Lich Arthas, completamente equipaggiato con un’armatura del Dominio e Frostmourne, risvegliarsi proprio al suono delle parole “figlio mio.”
Il secondo parallelismo, più evidente, è invece con il finale di Wrath of the Lich King. Nel cinematic conclusivo di Icecrown Citadel, lo spirito di Terenas appariva accanto all’ormai sconfitto figlio, in una posizione simile a quella che abbiamo visto in questo cinamatic di Shadowlands.
Come sappiamo, Frostmourne è stata la (definitiva) rovina di Arthas. Sebbene il personaggio mostrasse già i segni del villain prima di quel momento, la presa della spada runica ha sancito la condanna alla dannazione per il Principe di Lordaeron, portandolo a diventare il Re dei Lich. Zovaal ha tentato di fare una cosa simile con Anduin, usando la magia del Dominio su di lui attraverso un’arma, in questo caso la Kingsmourne, cercando di far soccombere il giovane Re com’era successo al suo illustre predecessore, tanto che è Zovaal stesso a dire “il destino di chiunque abbia portato la mia lama”. Allo stesso modo, un altro parallelismo padre-figlio può essere trovato nella liberazione dalla magia del Dominio da parte di Darion Mograine. Anche quel momento avvenne, in parte, grazie allo spirito del padre di Darion, Alexandros, il quale brandiva la stessa spada del figlio che in quel caso, come ben sappiamo, era l’Ashbringer.
Tre spade, tre storie
Tuttavia, Zovaal non ha considerato un particolare, piccolo ma fondamentale, nel suo piano: ovvero la diversa natura di Frostmourne rispetto a Kingsmourne. Non dobbiamo dimenticare infatti, che la prima, così come l’Elmo del Dominio, furono creati dal Primus come i primi “strumenti del Dominio”, mentre la seconda arma è stata creata sulla base di un’altra che aveva alle spalle già una storia importante, ovvero Shalamayne.
E mentre Varian ricorda proprio questo al figlio, alla destra del Re di Stormwind, appare un’altra figura, una che pensiamo nessuno si sarebbe mai aspettato di vedere in questo cinematic, quella di Varok Saurfang. Prima di continuare con la nostra analisi però, vale pena spendere due paroline su Shalamayne.
Come abbiamo anche trattato in questo sito, la storia della spada di Varian è molto lunga, risalente addirittura alla Guerra degli Antichi. Ma c’è un particolare durante tutto l’arco della storia di Shalamayne su cui dobbiamo per un attimo porre la nostra attenzione: la divisione della lama.
Come tutti ricorderanno infatti, durante la battaglia della Riva Dispersa, Varian sacrificò la sua vita per permettere alle truppe dell’Alleanza di ritirarsi, restando da solo a combattere contro di demoni della Legione Infuocata. E proprio durante quegli istanti, vediamo il Re Gladiatore dividere Shalamayne in due.
A seguito di quest’evento e della morte di Varian, la sua spada restò nelle Isole Disperse, spenta, fino a quando non fu proprio Anduin a “risvegliarla”. In quel momento, assistemmo ad una visione, in il giovane Re ancora turbato dalle responsabilità di essere il nuovo Alto Re dell’Alleanza, vedeva lo spirito del padre intento ad incoraggiarlo.
Passa così un’espansione, ma ci ritroviamo poi davanti alla stessa scena, sebbene con un protagonista diverso. Durante il Mak’gora tra Varok Saurfang e Sylvanas alla fine della Quarta Guerra infatti, questa volta vediamo dividere Shalamayne in due proprio dall’orco e provocare con esse la cicatrice sull’occhio della Regina Banshee che vediamo ancora oggi.
Tutto questo ci riporta quindi al nostro cinematic finale di Anduin. Insieme, gli spiriti di Varian ed Anduin afferrano la Kingsmourne in un gesto simbolico di vicinanza e forza verso il giovane Re. Ed ecco che abbiamo la terza divisione di Shalamayne, questa volta come gesto di liberazione.
Ma veniamo ora ad una delle questione più spinose del cinematic: cosa ci fanno lì Varian e Saurfang? Come sappiamo infatti, il primo fu ucciso dalla magia Vile, che ha il potere di distruggere le anime, mentre il secondo è morto quando già l’Arbiter si trovava in uno stato dormiente, fatto che ha destinato la sua anima direttamente nella Fauce. Partendo dal presupposto che non abbiamo al momento una risposta ufficiale, ciò che sembra più logico (anche a livello visivo), è che quelle che vediamo non siano le effettive anime di Varian e Saurfang. Possiamo presumere che sia più una manifestazione della volontà di Anduin e certamente qualcosa di legato a Shalamayne.
Arthas
Arriviamo infine a quello che per moltissimi è stato il vero tasto dolente di questa cinematic, la tanto attesa apparizione di Arthas. Iniziamo dai fatti. Dopo la liberazione di Anduin dal controllo di Zovaal, emerge una piccola luce fluttuante e splendente, il frammento d’anima che il Carceriere usò per “creare” la Kingsmourne. Come ci dice lo stesso Re di Stormwind, questa piccola luce è tutto ciò che resta di Arthas Menethil.
In questo momento, la musica di sottofondo cambia, e sentiamo Invincible quello che è ormai l’iconico tema di Arthas, lo stesso che abbiamo sentito alla fine di ICC e nel corto animato di Bastione. Sulla scena, oltre ad Anduin, sono presenti anche tre personaggi centrali nella storia dell’ex Re dei Lich: Uther, il suo mentore, Jaina, il suo grande amore e colei che per gran parte della sua esistenza l’ha considerato il suo più grande nemico, Sylvanas. Ed è proprio quest’ultima che si fa avanti, guardando ciò che resta dell’uomo che l’ha quasi distrutta. Fin da Warcraft III, l’esistenza di Sylvanas è stata fortemente segnata dal suo odio per Arthas, dal suo bisogno di vendicarsi di lui.
Davanti a quella piccola luce, la Regina Banshee vive l’accettazione, il peso delle proprie azioni, e inclina la testa verso Uther, un piccolo riconoscimento al modo in cui lui il paladino l’ha aiutata a capire che questa era la via da perseguire nel cinematic Shattered Legacies.
E mentre la Regina Banshee parla, notiamo che la musica di sottofondo è cambiata, passando da Invincible, ad un altro canto iconico di Warcraft: il Lament of the Highborne, un tema non solo fortemente associato alla stessa Sylvanas, ma anche al dolore e alla perdita della vita della razza elfica in generale rappresentando allo stesso tempo gli Elfi del Sangue morti insieme Sylvanas per mano di Arthas e i Kaldorei che lei stessa ha massacrato durante la Quarta Guerra ed il Rogo di Teldrassil (non bisogna dimenticare infatti che il Lament of the Highborne era originariamente un canto degli Elfi della Notte.) Sylvanas in questo momento non è assolta dalle sue azioni. Porta il peso di ciò che ha fatto e dovrà essere sottoposta a giudizio, come lei stessa ha ricordato in Shattered Legacies.
È inoltre importante ricordare che Sylvanas non ha mai visto Arthas morire, e la notizia della sua morte non solo la fece adirare poiché qualcuno le aveva tolto la possibilità di uccidere colui che le aveva praticamente rovinato la vita e distrutto la sua casa, ma ne era talmente ossessionata che si recò lei stessa ad Icecrown per verificare in prima persona se ciò fosse vero. E ora la Regina Banshee ha la possibilità di rivedere il suo aguzzino… come mai nessuno avrebbe immaginato. Come dice la stessa Sylvanas, adesso Arthas non ha “nessun trono, nessuna corona, nemmeno un’anima da giudicare” ed ella pronuncia queste parole senza segno di rabbia nella voce. Essa è calma, triste, arrivando, al momento dell’ “ultimo saluto” quasi alla gentilezza!
Concludiamo questa lunga analisi con una riflessione. Come abbiamo detto sulla nostra pagina Facebook, possiamo capire chi fosse rimasto in qualche modo deluso da questo cinematic, ma possiamo farlo nella forma, ma non nella sostanza. È vero, si sarebbe potuto dare più spazio ad Uther e Jaina, ma restiamo convinti che questo finale per il personaggio di Arthas, sia stato ben riuscito.
Arthas Menethil è stato un personaggio centrale, un vero e proprio pilastro della storia di Warcraft praticamente per decenni. Molti degli eventi che conosciamo si devono a lui. Arthas ha creato quella che è oggi Sylvanas, ha condotto Uther a tradire la sua ferrea ideologia, è il motivo per cui Alexandros Mograine e suo figlio Darion sono diventati Cavalieri della Morte, è il motivo per cui Bolvar Fordragon ha lasciato sua figlia orfana in modo che potesse essere il nuovo Re dei Lich, ha spezzato il cuore di Jaina segnandone l’esistenza…
Alla fine del cinematic, quando la piccola luce sparisce, possiamo vedere Uther e Jaina chinare il capo. Un segno di dolore per la scomparsa di un uomo che hanno conosciuto e amato.
Noi non abbiamo alcun dubbio che questo momento, per Blizzard, sia stata una vera e propria liberazione. Finalmente, dopo anni, sono riusciti a liberarsi dall’ombra, pesantissima, di un personaggio che continuava ad aleggiare sul mondo di Warcraft, persino dopo oltre dieci anni dalla sua morte e dalla sua scomparsa nel gioco e nella storia.
Purtroppo, o per fortuna a secondo dei punti di vista, bisogna venire a patti con una verità: come abbiamo già detto qualche settimana fa, la Blizzard di oggi, sta cercando di chiudere “la vecchia storia”, quella scritta da altre persone, ed iniziare la propria. Se questo sia un bene o un male lo vedremo con il tempo, e sarà ovviamente in base al gusto di ognuno.
Oggi possiamo solo constatare un fatto: Abbiamo detto addio ad Arthas. È andato, per sempre. E con lui, forse, anche un modo di raccontare la storia di Warcraft che non tornerà più.
N.B. Questo articolo è una traduzione e rielaborazione di un articolo di Wowhead.com
Comments 1