“Quanto mi manca la luce del sole”, disse lo gnomo Yazeed in tono malinconico.
“La luce del sole? Alcuni non se la ricordano più e tra poco l’avrò dimenticata anch’io”, gli fece eco Akhouma, “e ringraziamo che non ci sia finita come a Kalimdor! Li hanno distrutto tutto. Almeno la nostra Ironforge è ancora in piedi, cosa che non si può dire di Darnassus, o Orgrimmar o Silvermoon o ogni dannata capitale di questo pianeta. Restano solo quegli Elfi della Notte sopravvissuti che ora sono governati da quella nuova regina, com’è che si chiamava? Yeon… qualcosa con Yeon, i nomi degli elfi sono tutti complicati.” I due gnomi stavano parlando a ragion veduta. La luce del sole era scomparsa dal pianeta Azeroth ormai da tre anni, da quando gli Oscuri, l’Esercito dell’Infinito, aveva invaso il mondo, guidati dal misterioso Lord dell’Infinito e dal drago Lavenix.
“Azeroth è caduto nelle tenebre, nere come il cielo sotto cui stiamo. Ti ricordi? Tre anni fa abbiamo perso tutto a seguito dell’attacco degli Oscuri. Guardati intorno, Akhouma. Mi chiedo quale è stata la nostra colpa per questa catastrofe.”
Quattro anni prima, intorno ai due Gnomi ci sarebbero stati prati verdi con una grande quantità di fiori e grandi alberi strapieni di foglie. Ora, tutto quello che Yazeed ed Akhouma riuscivano a vedere, era una terra morta, alberi spogli, i cui rami secchi sembravano cercare di artigliare il cielo nel disperato tentativo di riavere la luce perduta. Quello era diventato Azeroth negli ultimi tre anni: oscurità, silenzio, morte. Tutte le strade, un tempo trafficate da avventurieri o commercianti, erano totalmente deserte.
Yazeed si voltò indietro, per vedere se il loro insolito compagno di viaggio fosse ancora dietro i due gnomi.
“Sta leggendo, vero?” chiese Akhouma
“Come al solito”, rispose Yazeed, “ma si è fermato. È davanti ad una tomba.”
“Ma di cosa parla quel libro?”
“Non lo so, non lo fa leggere a nessuno. Una volta però sono riuscito a sbirciare, ed ho letto di una città ipertecnologica, magari è qualche libro di storia. Anche se non saprei di quale mondo. Ehi, Z! Siamo vicini alle Rovine di Stormwind, manca poco ormai! Perché ti sei fermato?”
Il malandato Z, l’elfo misterioso che viaggiava con loro, si girò appoggiandosi sempre al bastone che usava per camminare.
“Arrivo!” Disse poco prima di tossire. I due gnomi intanto si erano avvicinati a lui, fino a raggiungerlo davanti alla lapide che stava osservando. Yazeed lesse il nome inciso su di essa.
‘Ser Æthelweard il Dorato, Paladino del Silver Hand’
“E chi è? Lo conoscevi, Z? Era un tuo amico?”
Yazeed vide le labbra sottili dell’elfo inarcarsi in un accenno di sorriso.
“No”, rispose con la voce sofferente che lo caratterizzava. “Ne ho solo sentito parlare.”
“Ah si? E da chi? Secondo quello che ci hai detto, hai vissuto in isolamento per anni…”
Yazeed era sempre stato sospettoso nei confronti della versione che Z gli aveva raccontato durante il loro primo incontro. L’elfo dall’aspetto anziano aveva detto di aver vissuto gli ultimi anni della propria vita da solo, in una piccola baracca nelle Terre Spettrali, anche se prima aveva vissuto a Quel’thalas ‘molto tempo fa’, stando alle sue parole. Quando i due gnomi gli chiesero come aveva fatto a sopravvivere, Z picchiò due volte la punta del suo bastone per terra ed accanto a lui comparve una belva di mana. Sembrava una sorta di leone, interamente blu, ma più piccolo, più agile.
“Lei è la mia fidata compagna”, aveva detto Z, accarezzando il dorso della belva con la mano ossuta. “Purtroppo non può uccidere le prede o gli uomini, può solo indebolirli. Poi,” concluse alzando il bastone, “tocca a me dare il colpo di grazia.”
Yazeed non riusciva comunque a credere che quella sola belva di mana potesse bastare a far sopravvivere il vecchio elfo in quello che era diventato Azeroth.
“Beh, le notizie girano, caro amico gnomo”, disse Z mentre si girava verso il piccolo compagno di viaggio. “Vuoi che non sappia della grande battaglia di cinque anni fa?” concluse poi ridendo e oltrepassando la coppia di gnomi. “Dai su, andiamo. Superiamo queste rovine e vediamo di prendere la nave per Silvermoon.”
Yazeed e Akhouma si scambiarono un’occhiata non molto convinta, ma erano comunque curiosi. Soprattutto, erano curiosi di una cosa in particolare.
“Hai detto che devi andare a Silvermoon perché vuoi incontrare una persona. Ma dovresti sapere che gli Oscuri la capitale di quei maledetti elfi, senza offesa, l’hanno distrutta. Non c’è nemmeno un sopravvissuto lì.”
“Se chi cerco è morto, lo vedrò quando arriveremo lì. Se lo conosco bene, credo che sia ancora vivo. O almeno voglio sperarlo. Ho qualcosa di importante da dirgli.”
Il terzetto si addentrò così nella città fantasma di Stormwind. Quella che un tempo era stata la gloriosa capitale degli Umani, oggi era in uno stato di completo abbandono e rovina. Il trio oltrepassò i cancelli distrutti e la Valle degli Eroi. Le statue dei grandi eroi dell’Alleanza era state abbattute, quella di Alleria Windrunner era caduta nel piccolo corso d’acqua sotto il ponte d’ingresso, mentre le altre erano state fatte a pezzi e ostacolavano il cammino verso l’ingresso della città.
“Mi piange il cuore ad essere qui”, disse malinconico Akhouma.
All’interno, la situazione non era certo migliore. Nel deserto più totale, dove l’unico suono che si sentiva era l’ululare del vento e i perenni tuoni proveniente dal nero cielo, Stormwind era letteralmente morta. Case, negozi, erano completamente vuoti, molti senza più una porta d’ingresso e con erbe selvatiche che avevano innalzato le strade, rotto le finestre e si erano fatte largo perfino all’interno delle strutture. Le strade erano trafficate solo da qualche animale intento a sgranocchiare le ossa di qualche umano morto chissà come. Yazeed fece eco al suo amico.
“Arriviamo al porto al più presto. Non voglio passare un minuto di più qui. Speriamo che la nave sia già arrivata.”
Purtroppo per Yazeed però, la nave non era ancora arrivata al porto di Stormwind.
Il terzetto si fermò così al molo, in attesa. Yazeed e Akhouma rimasero in piedi, impazienti, mentre Z si sedette appoggiandosi la schiena ad un palo di legno, aprendo il libro e mettendosi a leggere.
I due gnomi si scambiarono nuovamente un’occhiata, poi Akhouma tentò.
“Ma di che parla quel libro, Z? Stai sempre a leggerlo… L’avrai finito cento volte.”
Il vecchio elfo rispose, ma non alzò lo sguardo dalla sua lettura.
“Mi sembra di avervelo detto, parla della mia amata questo libro.”
“E posso sapere chi è? Un’elfa come te?”
“Un’umana.”
“Ah.. strana coppia.”
“Qualunque essere vivente si sarebbe innamorato di quell’umana. Se voi la poteste vedere, amici miei… E’ la più pura delle fanciulle, la più bella delle donne.”
“E come mai non è con te?”
Z sospirò. “E’ morta, purtroppo.”
“Oh”, disse Akhouma dispiaciuto, “mi dispiace. Sono stati gli Oscuri?”
“No. Lei era di un mondo lontano.” Per tutto il tempo, Z non alzò mai lo sguardo.
Sia Yazeed che Akhouma guardarono l’elfo straniti. “Come sarebbe a dire non è di questo mon…”
Prima che Yazeed potesse finire la domanda, un dardo oscuro sibilò ad un metro da lui. I due gnomi si voltarono di scatto. Due figure, avvolte in mantelli e cappucci neri, si stavano dirigendo verso di loro correndo, e lanciando magie contro il terzetto.
“Gli Oscuri! In guardia, Akhouma!” I due gnomi afferrarono le piccole daghe magiche di cui erano armati ed iniziarono a richiamare a sé il loro potere magico. “Attento, Z!” gridò Yazeed voltandosi verso l’elfo anziano.
Quest’ultimo sbuffò.
“Non si può mai leggere in pace” disse dispiaciuto. Poi, stancamente, si mise in piedi facendosi forza sul bastone.
I due Oscuri intanto si erano avvicinati al terzetto e scagliavano dardi magici senza sosta. Yazeed ed Akhouma risposero agli attacchi lanciando dardi infuocati contro i nemici, cercando di evitare i colpi che sibilavano in continuazione vicino a loro.
“Bastardi maledetti, cosa vogliono da noi? Dove erano nascosti?”
I due aggressori incalzavano sempre di più. “Per il Lord dell’Infinito!” gridò uno. “Per Lavenix!” gli fece eco l’altro, le voci spettrali, eteree. I due lanciarono ben quattro dardi insieme verso i due gnomi. Yazeed tentò una magia arcana per bloccare l’incantesimo dell’Oscuro, ma non riuscì a fare in tempo.
“Dannazione!” imprecò cadendo sulla schiena. L’Oscuro incombeva ormai su di lui, ed anche Akhouma sembrava avere difficoltà.
Poi, lo gnomo udì due brevi rumori sordi picchiare sul legno del pontile. Prima che se ne accorgesse, Yazeed vide una belva blu volare sopra di lui ed azzannare il collo dell’Oscuro. Quest’ultimo fu sbalzato a terra, mentre la morsa d’acciaio della belva di mana si stringeva su di lui. Passarono pochi secondi prima che l’Oscuro non si muovesse più. Subito dopo, la creatura si avventò sull’altro aggressore, dilaniando la sua schiena con degli artigli che sembravano fiamme. L’Oscuro bruciò in pochi secondi.
Yazeed si voltò. Z era dietro ai due gnomi, appoggiato al suo bastone, immobile, con un’espressione bonaria ed allo stesso tempo beffarda sul volto.
“Mi ringrazierete dopo, ora alzatevi.” disse tranquillamente l’elfo anziano. “Dobbiamo andare.” Poi, lentamente si avvicinò ai due Oscruri, dando ad entrambi un piccolo colpetto con il bastone. Morirono entrambi.
Yazeed guardò il mare nell’assordante silenzio della città fantasma di Stormwind. All’orizzonte si intravedeva una nave diretta verso di loro.
Illustrazione in evidenza di Vladimir Anikin