Lilith trovò Otrok impegnato a smussare la sua ascia da combattimento. Aveva imparato che l’orco teneva tantissimo alla sua arma, la trattava come se fosse una compagna in carne e ossa. Lilith avrebbe giurato persino di averlo sentito parlare con l’ascia qualche volta.
“Signor Otrok”, lo chiamò avvicinandosi. “Avete visto la signora Nyx?”
“Oh, Lilith, non ti avevo nemmeno vista arrivare!” La piccola elfa notò orgoglio in quelle parole. L’orco guerriero si era man mano sempre più intenerito con lei, anche se all’esterno non lo faceva vedere. Ma Lilith lo sapeva. Ricordava quando Otrok le sembrava uno strano animale, enorme, pesante, spaventoso, con le mani in grado di distruggere qualsiasi cosa toccassero. Adesso invece, il guerriero orco le sembrava leggero, non poi così grande, non poi così spaventoso con quelle grandi mani verdi che sapevano anche essere gentili. Sapevano anche costruire, non solo distruggere, come avevano costruito il suo spirito combattivo, le sue abilità con il pugnale, le sue capacità di analizzare dove si trovasse. Otrok non si lamentava nemmeno più quando Lilith cantava. O almeno lo faceva meno rispetto a prima.
“Si, Nyx sta sistemando le ultime cose laggiù.” Indicò un piccolo sentiero che svoltava a destra. La piccola elfa capì che l’orchessa si trovava al loro albero. “Sei proprio sicura di voler andare, Lilith? Proprio ora che ti stavo iniziando a sopportare?”
Lilith gli sorrise. “Mi ha sempre sopportato, Signor Otrok, lo sa! Si, comunque… voglio rivedere casa mia. Ma tornerò! Devo farle ascoltare altre canzoni!”
L’orco guerriero si portò le mani alle orecchie. “Elementi salvateci!” sembrò dire terrorizzato. Ma poi rise insieme a Lilith. “Ti farò vedere che sopporterò anche quelle allora! Dai, vai a chiamare Nyx ora. Nel frattempo io finisco di smussare quest’ascia. Non si sa mai chi potremmo incontrare.”
Lilith oltrepassò Ortrok, ma prima di imboccare il sentiero, si voltò a guardarlo. Era davvero leggero.
Trovò Nyx esattamente davanti a quello che, un anno prima, Lilith aveva deciso fosse il loro albero. Era voltata di spalle, sembrava indaffarata con qualcosa di piccolo.
“Signora Nyx?”
L’orchessa si irrigidì quando la sentì. Cercando di mettere via qualsiasi cosa la stesse tenendo impegnata.
“Lilith!” Le diede il miglior sorriso che potesse. “Sei pronta?”
La piccola elfa dai capelli argentei e gli occhi verdi aveva tante cose da volere dire a Nyx. Ma le si bloccarono tutte in gola proprio in quell’istante. Si sforzò, ma non riuscì a dire niente. Incapace di parlare, seguì il suo istinto, correndo verso Nyx e abbracciandola più forte che potesse.
Non dissero niente. Alla fine tra loro non c’era mai stato bisogno di troppe parole. Nemmeno dall’inizio, quando Nyx l’aveva presa con sé tra le fiamme dei boschi di Quel’Thalas.
Lilith non seppe dire quanto tempo passò, se cinque minuti o due giorni. Voleva che il tempo restasse sospeso in quell’istante. Voleva tornare a casa. Dal padre, dalla madre. Ma quella non era forse casa sua? Nyx non era forse sua madre? Strinse le braccia attorno alla vita dell’orchessa, appoggiando la testa sulla sua pancia, dura per vie degli addominali allenati a corse, battaglie, pericoli. Eppure, le sembrava il miglior cuscino che potesse avere.
Non seppe dire quando, ma ad un certo puntò sentì la voce di Nyx.
“Lilith, ora dobbiamo and…”
“Un altro po’. Per favore, un altro po’.”
L’orchessa le accarezzò la testa. Rimasero in silenzio. Di nuovo.
“Allora, siete pronte voi due?” chiese Otrok quando Lilith e Nyx ricomparirono dal sentiero.
“Prontissime!” rispose l’elfa. Cercava di essere allegra. Ci provava con tutte le sue forze. Si era ripromessa di non piangere. E anche di non indugiare troppo nell’accampamento, altrimenti quel momento sarebbe stato impossibile.
Si misero in cammino, non incontrando ostacoli per tutto il percorso. Otrok continuava a sottolineare quanto fossero stati fortunati. Gli altri. A non incontrarli.
All’orizzonte ora si vedeva Silvermoon, immersa nei suoi boschi coi suoi alberi sempre in fiore. In un punto si poteva vedere persino una scopa magica che puliva le strade di marmo bianco, alla luce delle lampade blu.
“È la prima volta che vedo una scopa animata così da vicino!” disse Nyx trattenendo a stento lo stupore.
“E guarda come puliscono!” le fece eco Otrok. “Vi lavano pure i pavimenti?”
Lilith ridacchiò sommessamente.
“No, alle scope è proibito portare secchi d’acqua da quando una volta l’apprendista di uno stregone ha combinato un grosso guaio! È una storia che sanno tutti a Silvermoon!” raccontò con non poca fierezza di essere lei stavolta a spiegare qualcosa.
Ma quel fugace momento di risate e gioia passò in un istante. Il momento era arrivato. Lilith raccolse tutte le sue forze. Fece qualche passo in avanti. Nonostante tutti i suoi sforzi, sentì i grandi occhi verdi inumidirsi. Si voltò lentamente.
“N-non siete così spaventosi. G-g-grazie….” doveva resistere. Non doveva piangere. Si asciugò gli occhi passandoci sopra il braccio. “Tornerò a trovarvi. Lo sapete, no?”
Nyx le sorrise e si avvicinò a lei. Si chinò. “Ho preparato qualcosa per te.” Da dietro la schiena fece comparire un piccolo borsello.
“Non sai quanto ci ho messo per farlo!” disse ridendo. C’era una piccola etichetta attaccata sopra, scritta nella lingua degli Orchi. Lilith ormai sapeva leggerla perfettamente.
“Borsa piena di sogni“.
“Questa è per te, piccola Lilith. Portala sempre con te, ma non aprirla! Ci sono tutti i sogni che hai fatto qui insieme a noi, tutte le tue canzoni, tutto quello che hai imparato e soprattutto, quello che tu hai insegnato a noi. Poi, un giorno, la riporterai, per stare di nuovo insieme a noi.”
Le diede un bacio sulla fronte. Dietro di lei, Otrok le sorrideva.
“Ora vai. Torna a casa e non voltarti indietro. Sii una guerriera coraggiosa.”
Lilith, con la mano tremante, afferrò il borsello regalatole da Nyx. Tastandolo, capì che all’interno ci fosse davvero qualcosa, ma non sapeva dire di cosa si trattasse. Era al limite, non ce la faceva più. Dopoi qualche secondo a guardare Nyx e Otrok si voltò e di scatto iniziò a correre in direzione di Silvermoon. Non si sarebbe fatta vedere piangere. Ma mentre pompava la forza sulle gambe cedette. Le lacrime le rigarono il viso, i singhiozzi le facevano sobbalzare il piccolo petto. Provò a voltarsi indietro…
…ma in quell’istante inciampò e cadde fragorosamente a terra. E i colori di Quel’Thalas lasciarono spazio al buio.
“Lilith! Lilith, svegliati!”
Sentì una voce lontana chiamarla. Era femminile? No, maschile. O entrembe?
“Lilith! Lilith!”
Aprì gli occhi frastornata e prima che potesse rendersene conto si ritrovò abbracciata.
“Dov’eri finita? Dove sei andata? Quante volte ti abbiamo detto di non allontanarti?”
“Mamma!” Dietro di lei, suo padre stava tirando un sospiro di sollievo. “Come… che ci fate qui?”
“Ti cercavamo! Eravamo insieme e ti sei addentrata nei boschi da sola, come fai sempre! Ci hai fatto preoccupare!”
Che stavano dicendo? Lilith era stranita. “Ma mamma, è successo l’anno scorso! Non ti ricordi? C’era la foresta in fiamme, l’Orda ci aveva attaccato!”
La madre la guardò come se avesse insultato la Luce. Poi guardò il marito. Anche suo padre era preoccupato.
“Lilith è successo non più di venti minuti fa… Oh, Luce, devi aver battuto la testa. Vieni, fatti controllare…”
“Ma cosa dite, che vi è successo?” La piccola elfa si mise in piedi. “Io sto benissimo!” esclamò anche se in realtà sentiva dolore alla testa.
“Calma, Lilith”, cercò di tranquillizzarla il padre. “Ora torniamo a casa, ne parleremo lì.”
Mentre si incamminavano, Lilith provo a tastarsi la piccola cintura. Il borsello era ancora lì. Abbassò lo sguardo verso di esso.
“Borsa piena di sogni“.
Furono dei giorni movimentati. Quando parlavo dell’Orda a Silvermoon, non sapevano di che parlassi. Quando dicevo la parola “orchi”, mi guardavano come se fossi pazza. Eppure per me era stato tutto reale. L’Orda, gli Orchi, Nyx e la sua banda… Passarono mesi Non mi lasciarono mai sola, mai libera di andare dove volessi. Fui la più giovane elfa ad entrare nei Lungopasso. La più brava, quelle con le doti inspiegabili persino per un’alta elfa. Arrivarono persino a portarmi davanti a colei che non avrei mai creduto di incontrare.
“Oh, eccola qui la nostra ranger prodigio. Mi dicono che fai cose strane piccola. Che senti la terra, che parli con il fuoco, che accarezzi il vento… E che colpisci qualsiasi bersaglio anche a distanze per altri impossibili. Eppure i tuoi genitori continuano a ribadire che non hai mai ricevuto nessun addestramento in tal senso. Dimmi, chi ti ha insegnato a fare tutto queste cose?”
Lo sguardo del Generale dei Ranger di Silvermoon, Sylvanas Windrunner era fisso su di lei. Lilith non si fece intimorire. Strinse il borsello appeso alla cintura. Rispose allo stesso modo come aveva fatto già decine e decine di volte.
“Il Signor Otrok, il Signor Krogrash…” fece una pausa di un secondo. Si fece forza. “…e la Signora Nyx.”
“E chi sono questi signori che ti hanno insegnato queste cose?”
“Orchi.”
Sylvanas lanciò uno sguardo al suo secondo in comando, il ranger Lor’themar Theron.
“E chi sono gli Orchi?”
“Degli esseri dalla pelle verde, che vengono dal pianeta Dri.. Draenor. Però loro sono come noi.”
Era chiaro, sebbene non lo desse a vedere, che nemmeno Sylvanas sapesse di cosa stesse parlando.
Passo qualche settimana, fin quando l’Orda e gli Orchi arrivarono davvero, per tutti, non solo per me. Ricordo il giorno in cui, approfittando del caos che si era impadronito di Silvermoon che aveva visto le sue foreste bruciare, riuscii a sgaiattolare fuori dalla città. Era la mia occasione.
Lilith correva come se avesse le ali ai piedi. Vigile come le aveva insegnato Otrok. Sensitiva come le aveva insegnato Krogrash. Agile come le aveva insegnato Nyx. Attaccato alla schiena aveva il suo arco, di cui aveva deciso il nome: Thori’dal, la Furia delle Stelle. In onore di quella stella che per la prima volta Krogrash le aveva fatto vedere quando le aveva insegnato ad ascoltare gli Elementi. Ad aprire la mente. Gliel’aveva promesso, doveva andare a dirglielo. E doveva rivedere tutti gli altri a chiedere a loro cosa fosse successo. Perché nessuno le aveva creduto.
Arrivò a quello che fosse sicura era l’accampamento della banda… ma non c’era nessuno. E soprattutto, sembrava non ci fosse mai stato nessuno. Non capiva. Ma poi un pensiero le attraversò la mente come un fulmine.
‘L’albero…’
Si precipitò verso l’albero. Il suo albero. E di Nyx. Lo trovò.. tagliato. Si sentì rattristire, ma poi riuscì a guardare meglio. Sul ceppo era poggiata una girandola. Era dello stesso del suo arco. E sotto quella girandola… tre fiori. No, non tre fiori qualunque. Tre girasoli, uno accanto all’altro. C’era spazio giusto per un quarto. Ripensò alle parole di Nyx al momento del loro addio. Guardò il borsello.
“Borsa piena di sogni“.
Lilith aprì il borsello. Dentro c’era un girasole. Sorridendo, mentre gli occhi si inumidivano di nuovo, lo mise accanto agli altri tre. A piedi del ceppo, lasciò il borsello, mentre un colpo di vento mise in moto la girandola.
Per anni non seppi mai niente. I nomi di Otrok, Krogrash e Nyx non comparivano in nessun rapporto, non venivano menzionati nemmeno in un nessuna leggenda da taverna. Sembravano non esistere. Ma poi, un giorno…
Lilith camminava per le strade di Silvermoon. Il suo fidato arco, che ormai i suoi compagni consideravano un’arma leggendaria, sempre attaccato alla sua schiena. La città si era ormai ripresa dall’attacco dell’Orda, che aveva perso la guerra contro l’Alleanza anni e anni prima. Una discussione tra uno stregone e un mago attirò la sua attenzione.
“Ehi, hai sentito? Dicono che a Kalimdor ci sia un’ombra solitaria che attacchi gli Orchi!” diceva uno.
“Si si, ho sentito!” rispondeva l’altro. “Ho sentito che è un’orchessa che attacca i suoi stessi compagni! Com’è che lo chiamano? Ti ricordi?”
“Il Demone del Crocevia!”
Lilith si fermò sul posto per un istante. Poi riprese la strada verso casa. Sorrideva.
Fine
Dedicato all’incredibile spirito fanciullesco di Lilith e all’animo gentile di Nyx, senza i quali questa storia non sarebbe mai esistita.