Dove eravamo rimasti? È ripartito da due settimane e dopo due anni di attesa, House of the Dragon, lo spin-off prequel di Game of Thrones e con esso riparte la nostra rubrica del Fuori Azeroth! Come abbiamo già annunciato, quest’anno useremo un approccio diverso rispetto al “primo esperimento” di due anni fa, accoppiando le puntate, per un totale di quattro appuntamenti qua sul nostro sito. Ma bando alle ciance e vediamo di commentare queste prima due puntate!
Il primo episodio, “Un figlio per un figlio” si apre qualche giorno dopo la fine della prima stagione. Si tratta ovviamente di un episodio introduttivo, che serve quindi a ripresentare i personaggi al pubblico e far riprende il filo del discorso. Si gioca subito con quell’effetto nostalgia che credo qualunque fan di GoT abbia provato prima nel sentire il tema degli Stark, e poi nel rivedere Grande Inverno. Il buon Cregan Stark ha dato subito quella sensazione da “sto rivedendo Ned” ed è un peccato che al 99%, in questa stagione, non lo rivedremo più. In sua compagnia il giovane Jacerys Velaryon, che proprio alla Barriera (nella scena ho apprezzato anche i riferimenti alla Conquista, sebbene con qualche inesattezza) viene a sapere del tragico evento che ha chiuso la prima stagione, la morte del fratello minore Lucerys.
Chiusa questa nostalgica parentesi al Nord, ecco che il focus si sposta ovviamente sui due schieramenti, i Verdi, con a capo Aegon Targaryen e i Neri, guidato da Rhaenyra. Ora, in realtà nel primo episodio (ed anche, seppur in maniera minore, nel secondo) non ci sono molte scene da commentare singolarmente, a parte una ma ci arriveremo dopo. Credo sia più adatto fare un discorso più generale. “Un figlio per un figlio” è sicuramente un episodio incentrato sulla reazione che hanno i due schieramenti alla morte di Luke e alla differenze tra di esse. Da una parte, i Neri si trovano senza la guida di Rhaenyra, impegnata ad affrontare il lutto della perdita del figlio mentre il marito/zio Daemon Targaryen scalpita per avere vendetta, arginato da Rhaenys. Dall’altra i Verdi, con Aegon ed il fratello Aemond anch’essi smaniosi di “dar fuoco alle polveri” ma anche loro arginati dal pragmatico Primo Cavaliere del Re, Otto Hightower (non mi sono dimenticato della novella coppia, ci faremo un discorso a parte a breve).
Personalmente devo dire che ho apprezzato molto questo approfondimento dei personaggi dei Verdi, sebbene ciò che sembra esaltare sia il fatto che… Ognuno pensi ai fatti propri. Non so se anche voi avete avuto questa sensazione, ma non sembra esserci nessun legame tra queste persone, con l’aggravante che sono una famiglia! E parlando di nuovo di approfondimento, particolarmente apprezzato è stato quello di Re Aegon (con la bella sorpresa dell’eccelsa prova di Tom Glynn-Carney, confermata ancora di più nel secondo episodio) che ci restituisce un ragazzo quanto mai inesperto (ed inadatto) al ruolo di Re, ma che allo stesso tempo serve a far vedere allo spettatore un lato di Aegon – quello scanzonato – che non si vedrà mai più non solo in questa stagione, ma nell’intera serie. Un approfondimento che serve a togliere la monodimensionalità che il personaggio si porta inevitabilmente dietro dalla sua fonte cartacea (data la natura di resoconto storico di Fuoco e Sangue).
E prima di passare alla scena madre di questo primo episodio, come promesso, parliamo della nuova copia in quel di Westeros: Alicent Hightower e Ser Criston Cole, il Lord Comandante della Guardia Reale, o “Alicole” com’è già stata ribattezzata dal fandom. Ora, vi anticipo che sarò diretto e senza peli sulla lingua.
Non mi piacciono e sono di gran lunga la parte più debole di questi primi due episodi. Posso capire che sia scelta che è stata fatta per “dare qualcosa da fare” al personaggio di Alicent che, nella controparte del libro, a questo punto ha già esaurito diciamo il 90% del suo arco narrativo. Tuttavia, trovo incredibile (e non in senso buono) che gran parte delle scene di Alicent siano o lei che si spoglia o lei intenta ad atti intimi con Cole. E vogliamo parlare di quest’ultimo? Letteralmente insopportabile, rimasto identico dal primo momento in cui fa la sua comparsa che sembra avercela ancora con Rhaenyra solo perché vent’anni prima (!!) gli ha dato picche. Davvero non si poteva pensare a qualcos’altro? Era davvero questa l’unica via? Perdonatemi, ma resto molto scettico a riguardo.
Chiusa questa invece sgraditissima parentesi, parliamo del finale di “Un figlio per un figlio”. Possiamo dire che questo finale ha essenzialmente diviso il pubblico in due. Da una parte chi ha letto il libro è rimasto deluso, dall’altra, chi guarda solo la serie si è ritenuto per lo più soddisfatto. Personalmente, a caldo facevo convintamente parte del primo schieramento, ma riflettendoci di più nei giorni successivi mi sono fatto un’idea diversa. Partiamo dal dire che è sicuramente vero, la scena rispetto a come è descritta su Fuoco e Sangue (che in questo caso si tramuta per due pagine in un romanzo) è edulcorata, privata in parte della sua violenza e in gran parte (anche se sembra strano a dirsi) della sua tragicità. Ovviamente, non si discute quanto mostrato a schermo, quanto più la mancanza di certi elementi: il terzo figlio di Aegon, il fatto che i bambini fossero svegli e consapevoli della situazione, i disperati tentativi di Haelena di evitare quella scelta impossibile, tuttavia…!
Tuttavia, mi sono fatto l’idea che ci sia una discriminante che sospende il giudizio su questa scena… ed è proprio il personaggio di Haelena. La Regina è un personaggio chiaramente riscritto rispetto alla sua controparte cartacea, a cui è stata data questa caratterizzazione mistica e visionaria che è stata messa in primo piano sia nella prima stagione, che in questo stesso primo episodio della seconda. È possibile quindi che Haelena abbia avuto quel comportamento perché sapesse già di quell’evento? Impossibile rispondere a questa domanda, semplicemente perché non abbiamo davanti l’arco narrativo di questa Haelena e non sappiamo se scene simili si ripeteranno.
Detto questo, prima di passare a commentare il secondo episodio, lasciatemi elogiare la scena del funerale di Luke, la mia preferita dell’episodio. Bellissima, poco da aggiungere.
“Rhaenyra la crudele” è il naturale proseguimento del primo episodio, tanto che in certe occasioni sembra quasi che si tratti di un’unica puntata. Prima di parlarne però, sento necessaria una premessa.
Tutti i personaggi principali della Danza dei Draghi – l’evento che vuole raccontare House of the Dragon – salvo rarissime eccezioni, sono terribili. E non sto parlando di livello di scrittura, ma a livello morale. Perché questa precisazione? Vi dico questo perché già dalla prima stagione c’è stato il forte sentore che la serie volesse in qualche modo indirizzare il pubblico dalla parte dei Neri. Il che in un certo senso credo sia innegabile, ma andiamo un po’ più a fondo della questione. In realtà, già da prima della serie gran parte dei lettori di Fuoco e Sangue tendeva a schierarsi per i Neri e solo una sparuta minoranza per i Verdi. Questo perché? Perché è lo stesso Fuoco e Sangue a “spingere” da quella parte. George R.R. Martin ha sempre sostenuto di non aver mai scritto personaggi totalmente buoni o totalmente cattivi e questo credo sia innegabile, ma lo è altrettanto che un autore abbia delle “preferenze”. Per esempio, sapevate che il Targaryen preferito dello zio George è proprio Daemon?
Quindi si, è vero che House of the Dragon porta a prendere le parti di Rhaenyra e co. – a volte anche esagerando – ma diciamo che “colpa” non è totalmente del buon Ryan Condall.
Conclusa questa premessa, possiamo finalmente passare al commento del secondo episodio. Una puntata fatta di sguardi, di dialoghi e di mancanze. In “Rhaenyra la crudele” a prendersi la scena è stato sicuramente Otto Hightower, un personaggio che in quest’occasione sembrava essere arrivato dalle migliori stagioni di Game of Thrones come il miglior Tywin Lannister, che cerca subito di utilizzare ciò che è appena successo a suo vantaggio (perché a Westeros anche un l’assassinio di un bambino fa politica). Sua è stata quella che ritengo essere senza dubbio la miglior scena dell’episodio, il confronto con Aegon e la sua destituzione da Primo Cavaliere. Una scena semplicemente perfetta per regia e recitazione dei presenti.
Un episodio di reazione, proprio come il primo e per certi versi speculare a quest’ultimo. Se prima abbiamo visto infatti il lutto dei Neri, ora tocca al lutto dei Verdi. Molto forte la scena del corteo funebre per Jaehaerys (prima che arrivino coloro che gridano all’insensibilità: era una bambola di lattice, molto ben realizzata!) che ci ribadisce ancora una volta tutta l’ansia e la paura di questa “nuova” Haelena.
Così come molto intensa è stata la scena del confronto tra Rhaenyra e Daemon. E ragazzi, lasciatemi dire che per me Emma d’Arcy è la perfetta Regina Targaryen (anche più di Emilia Clarke). Ha una presenza scenica pazzesca (così come Matt Smith, sia ben chiaro) e si calata talmente tanto nel personaggio che non riesco ad immaginare un’altra Rhaenyra che non sia lei. Come dicevamo è stata un dialogo molto intenso, in cui è venuta fuori tutta la sete di potere e la visione distorta di Daemon, nonché l’esasperazione di Rhaenyra nel veder realizzato ciò che in cuor suo ha sempre saputo: che non ci si può fidare dello zio/marito.
Anche per “Rhaenyra la crudele”, la scena madre la troviamo alla fine, con il duello tra i due gemelli schierati agli opposti Ser Erryk e Ser Arryk. Una scena sopra le righe, che è sembrata più da teatro o uscita fuori da un poema cavalleresco vecchio stampo, ma che ha restituito molto bene la sua controparte cartacea. Si è trattato di un duello dettato dalla fedeltà ma che ha avuto al suo centro l’amore. Un amore che in realtà è stato il vero motore di questo secondo episodio, inteso non come amore romantico, ma come sentimento. Erryk ed Arrik devono battersi per i giuramenti che hanno prestato, ma restano comunque fratelli legatissimi tra di loro, tanto che l’uno non può sopravvivere all’altro.
E se qui abbiamo visto la presenza dell’amore, in altre occasioni abbiamo visto la sua assenza. Come nella scena di Aemond, che deve andare a cercare conforto al di fuori della sua famiglia, e soprattutto in Alicent, che dopo aver passato l’intero episodio a struggersi per “aver peccato” alla fine quando vede suo figlio piangere non è in grado di dirgli nemmeno una parola per poi andare via.
Quest’ultima scena è però figlia dell’altro filo conduttore dell’episodio. La sempre più accentuata ipocrisia di Criston Cole e della stessa Alicent. È chiaro che Ryan Condall e gli altri showrunner abbiano puntato forte su quest’aspetto, che in Alicent vediamo manifestare nella non interazione con il figlio, su Criston la vediamo quando manda a morte certa Ser Arryk con tutti quei discorsi sull’onore e la purezza della Guardia Reale.
Un filo conduttore che culmina in quest’episodio nella scena finale (gli ultimi 10-15 secondi per me era evitabilissimi, si poteva tagliare prima, ma tant’è…) e che vedremo come sarà sviluppato nel proseguo della stagione, in una Westeros ormai sull’orlo dell’abisso.
Perché se è vero che siamo ancora a due su otto, è anche vero che siamo già a due su otto…