Quante volte, arrivando alla conclusione di un’opera di intrattenimento in qualsiasi forma ne abbiate usufruito, avete avvertito quella sensazione di perfezione? Di tutte le componenti che vanno al suo posto? O di aver vissuto un qualcosa di difficilmente ripetibile. Scommetto che sono ben poche e sicuramente molto rare (personalmente, l’ultima volta che ho avuto questa sensazione è stata quando vedevo i crediti di Red Dead Redemption 2 scorrere nello schermo) e ancora meno, ce lo su può aspettare da un prodotto visto come l’adattamento di un videogioco. Eppure, per quel che mi riguarda, è successo di nuovo. Ed in modo travolgente e, soprattutto, del tutto inaspettato.
Prima di addentrarci nel discorso alcune premesse. Quello che, se siete qui, state per leggere è un’opinione personale di chi scrive. Nessuno in Lore is Magic è convinto di avere la verità in tasca, né tantomeno vogliamo convincere qualcuno delle nostre idee.
Seconda premessa: chi scrive è totalmente ignorante della lore di League of Legends e non ha la minima intenzione di avvicinarsi al gioco. Qui, parlaremo solo di Arcane, di quello che ha rappresentato e di come lo ha rappresentato.
Terza premessa: sempre per chi scrive, parlare di Arcane episodio per episodio ha poco senso, perché è un’opera che per parlarne deve essere vista nel suo insieme. In questa chiacchierata quindi, non analizzeremo singoli episodi come negli altri Fuori Azeroth (fatta esclusione per uno, ma capirete il perché). Nonostante questo, sarebbe comunque impossibile parlare di Arcane senza entrare negli spoiler. Per questo, l’articolo conterrà spoiler della stagione 2.
Premesso tutto questo possiamo finalmente iniziare, e lo faccio con un’affermazione che credo sia sopra un giudizio soggettivo. Arcane non è un adattamento di League of Legends. O quantomeno, affermarlo sarebbe totalmente ingiusto e riduttivo. Arcane è un prodotto che per diversi aspetti è totalmente fuori scala nel panorama mainstream dell’industria dell’intrattenimento.
Lo è (e qui mi sento di parlare in termini assoluti senza paura di essere smentito) in termini artistici e tecnici. Sotto questo aspetto, ci troviamo davanti ad arte pura e selvaggia, ad un qualcosa che alza l’asticella talmente in alto da essere irraggiungibile per il 99% delle altre aziende (quell’1% è rappresentato da qualcuno che conosciamo benissimo, ma lasciamo perdere…) Ogni frame di Arcane può essere il vostro wallpaper di PC o telefono o per dirla come i produttori di Studio Fortiche “ogni frame di Arcane deve essere un quadro”. E lo studio di animazione francese è riuscita perfettamente nell’intento. Quello che si vede a schermo è semplicemente incredibile, tanto che viene davvero da chiedersi se una qualità così elevata, anche solo a livello produttivo, valga veramente la pena di essere visto in un prodotto televisivo. Tutto senza dimenticare la miriade di dettagli visivi presenti in tutta la serie (ne vedremo alcuni qui, ma servirebbe davvero un’ora di video per vederli tutti.)

Passando a narrazione e personaggi, poche volte come questa il termine “capolavoro” può essere usato con cognizione di causa. Attenzione! Tutto Arcane, nel suo complesso è un capolavoro. Non sto dicendo che la seconda stagione di Arcane sia un capolavoro, ma che lo è l’opera nella sua completezza. Perché la seconda stagione ha un problema grosso, enorme, che tutti hanno percepito: la fretta. La sensazione di rush è percettibile e innegabile e per quel che mi riguarda va crescendo atto dopo atto, trovando il suo culmine nel terzo… ma anche nel personaggio di Mel. Quest’ultima è colei (e con lei la sua storyline) che più di tutti soffre il rush della seconda stagione di Arcane. L’evoluzione del suo personaggio è troppo rapida, senza respiro, passa dal punto A al punto B saltando di netto tutto il tragitto. La vediamo diventare una maga e subito utilizzare perfettamente i suoi poteri senza quello che possiamo definire un build-up precedente e questo avviene anche tornando indietro alla stagione 1. Questo sviluppo repentino di Mel avviene interamente nell’arco di 6 episodi, tutti nella seconda stagione. Certo, si potrebbe dire che questa storyline verrà usata probabilmente come gancio per le serie future, ma ciò non toglie il problema all’interno della seconda stagione di Arcane rimane, ed è ciò che nega a quest’ultima il 10, se piace giocare ai voti. Beninteso, nonostante il rush sia presente e fastidioso, esso non intacca comunque la storia ed i personaggi di Arcane, che restano comunque coerenti con sé stessi, le fila della storia tornano nonostante la fretta e non è un punto a loro sfavore sotto questo punto di vista, ma la sensazione che si ha è che se non un’altra intera stagione, almeno 2-3 episodi in più avrebbe solo che giovato, anche solo per evitare quella sensazione di storyline di seria A e altre di serie B che si può avvertire, cosa totalmente assente nella prima stagione che sotto questo punto di vista era perfetta.
Ma come abbiamo detto, né narrazione né personaggi hanno sofferto in maniera drammatica del rush della stagione 2. Il livello di scrittura di Arcane si è confermato essere ad altezze vertiginose, riuscendo a fare quelle che contraddistingue le grandi storie da tute le altre: raccontare persone e non personaggi. E quindi ci dobbiamo prendere un po’ di tempo per parlarne.
Arcane vuole trattare tramite i suoi personaggi, tra gli altri, anche il tema della perfezione (toccando al tempo stesso quello del progresso ad ogni costo che inaridisce l’essere umano), facendocelo vedere tramite due POV ben distinti. E l’apice di questa narrazione avviene nel settimo episodio della seconda stagione “Facciamo finta che sia la prima volta” (a mio modesto parere uno dei migliori, se non il migliore, dell’intera serie). In quest’episodio ci viene presentato un linea temporale diversa o un mondo parallelo se volete, nel quale finisce Ekko dopo aver interagito con l’anomalia durante l’episodio 3 insieme a Jayce e Heimerdinger.
Da una parte quindi abbiamo la perfezione del mondo idilliaco che vediamo attraverso Ekko. Un mondo dove nessuno cerca di prevalere sul prossimo, un mondo, dove le cose sono andate molto diversamente dalla linea temporale principale. Un mondo dove Ekko ha tutto, persino il suo amore per Powder che qui non è divenuta Jinx. Eppure, dall’altra, è lo stesso mondo in cui abbiamo la perfezione che vediamo attraverso gli occhi di Jayce (e di Viktor). Un mondo figlio del vuoto creato da quella stessa perfezione. Una vacuità che ha portato alla cancellazione del concetto stesso di desiderio, dove è impossibile guardare qualcosa di imperfetto e chiedersi cosa si possa fare per migliorare. Perché alla fine, è proprio l’imperfezione ad essere il motore che muove le persone ed è proprio questo che Jayce capisce nelle rovine di Piltover, ed è questo che lo spinge a voler tornare al suo mondo per cambiare le cose ed evitare che quello sia l’epilogo di tutto. Allo stesso modo, Ekko è portato a rinunciare a quel mondo in cui ha tutto, perché sa che non gli appartiene, che è qualcosa di “finto”, che non è il suo mondo perfetto. E qui avviene l’ultimo passaggio, dove è Arcane a dire a noi, allo spettatore cosa rende bella una storia: dei personaggi che sono appunto delle persone; vive, impulsive, ciniche con un’empatia oppure no, che hanno subito dei traumi che siano essi fisici o mentali ma che sempre e comunque affrontano le conseguenze delle loro scelte. E la cosa migliore è che Arcane fa tutto questo con quello che viene chiamato “show, don’t tell”, senza inutili e pallosi spiegoni come ci hanno abituato (male) troppe recenti produzioni. Le emozioni in Arcane sono vive, come lo sono i suoi personaggi. Non c’è bisogno di dire tutto a parole, perché non è solo con la voce che si comunica. Lo si può fare anche con gli occhi, con i gesti, con i silenzi. Ed è proprio in questo che la narrazione ed i personaggi di Arcane sono sublimi. Nel far vedere, non (solo) nel dire.

Ma nonostante questo, l’episodio 7, potrebbe (e forse è) parte del difetto della seconda stagione di Arcane. Perché se è vero che abbiamo visto 40 minuti di poesia derivati da una scelta “pericolosa” come è stata quella di aprirsi a linee temporali diverse (che è stata comunque gestita bene, forse proprio perché l’episodio è stato molto sui binari, senza esplorare troppo del mondo alternativo), è anche vero che questo episodio “what if” ha di fatto tolto minutaggio alla storia principale, in una stagione che ha letteralmente corso a più non posso… Si poteva fare di più? Si poteva dedicare una parte dell’episodio alla storia principale? Forse. Ma è indubbio che questo episodio sia fondamentale per tutta la storia, per ciò che fa scattare sia in Ekko che in Jayce.
Sul finale non ho molto da dire. Come detto in precedenza, l’ultimo episodio è quello in cui il rush arriva all’apice (ma insieme a lui ci arrivano anche scenografie e coreografie, comunque SEMPRE al top). Era in qualche modo prevedibile che finisse in quel modo? Forse si, ma resta coerente. Personalmente non ho visto forzature nei personaggi o nelle storyline (ripeto, Mel a parte) ed è tutto lì, sta allo spettatore vederlo, senza imboccato continuamente negli eventi che accadono, senza che qualcuno per forza glieli urli in faccia. Perché sta molto, moltissimo, nei dettagli e nei non detti. È un prodotto che punta molto (a ragione? Chissà…) sull’empatia. Vuole che chi guarda provi empatia per i suoi personaggi, che si metta nei loro panni, che per un istante si immedesimi in quello che succede per capire perché succede.

E questa è anche ciò che consiglio di fare a chi, anche in questa serie, è andato alla ricerca della cosiddetta “cultura woke”. Andare a cercare l’elemento woke persino in un prodotto come Arcane (che nella stragrande maggioranza dei casi è presente solo nelle teste di chi lo cerca), è limitante, non solo per la serie, ma anche e soprattutto per chi lo fa. Io consiglio a tutti i frequentatori di questo sito di guardare Arcane e di farlo lasciandosi trasportare dalla sua storia e dai suoi personaggi. Dalla loro crescita (il miglior “character development” come dicono quelli eruditi, lo ha forse Jinx, anche se il mio preferito è stato Viktor), dalle musiche (colonna sonora semplicemente PAZZESCA) che li accompagnano. Non vi chiudete gli occhi e la mente nella dietrologia, apprezzate un prodotto incredibile, quella che è diventata la mia serie preferita in assoluta per quello che è e che vuole raccontare. In valori assoluti senza ombra di dubbio il miglior adattamento tratta da un videogioco mai realizzato e che riesce anche dove molte serie live action falliscono miseramente, distinguendosi per la sua narrativa che distrugge gli standard a cui siamo abituati soprattutto negli ultimi anni, con niente che ci si avvicina.
Perché di Arcane non ce ne saranno altri. Si, Riot produrrà altre serie nel mondo di Runeterra, ma quanti di voi possono affermare con certezza che saranno show impattanti come questo? Se vogliamo fare un paragone più vicino a noi e quindi videoludico, Arcane è per le serie tv quello che Baldur’s Gate 3 è stato per il gaming. Qualcosa di incredibile, di inarrivabile, un punto luminoso destinato a brillare sopra tutto il resto per tanto, tantissimo tempo.
Perché, per citare la miglior canzone (e il miglior momento della seconda stagione), Arcane è e sarà per tanto tempo la peggiore delle benedizioni e la più bella delle maledizioni... per tutta l’industria dell’intrattenimento.
