Il termine “Elfo del Sangue”, indica più che un individuo appartenente ad una razza. In questo termine è presente infatti una vera e propria identità culturale. Il termine “elfo del sangue” è una dimostrazione di rispetto ed onore per la caduta degli Alti Elfi, per la distruzione del Pozzo Solare, per il quasi annientamento dello stesso regno elfico ed infine per la rinascita di quest’ultimo dalle sue ceneri. Ma non solo, in questo nome si può anche trovare un riferimento lignaggio reale degli elfi, la loro “linea di sangue”.
Come cultura, i Sin’dorei hanno conservato gran parte dei tratti del caduto regno degli Alti Elfi, sebbene abbiano sviluppato una maggiore propensione per l’uso del colore rosso. Abiti, decorazioni ed armature rosso-porpora sono diventati infatti molto comuni nella società degli Elfi del Sangue, in quello che è un perenne ricordo, un rendere omaggio senza fine ad i loro fratelli morti durante la Terza Guerra. I colori iconici e tradizionali degli Elfi del Sangue sono il rosso, l’oro e, in misura minore, il blu, quest’ultimo a simboleggiare il retaggio dovuto agli Alti Elfi, e tutti questi elementi sono ben visibili nello stemma razziale degli Sin’dorei, chiamato appunto “Icona del Sangue”.
In generale, gli Elfi del Sangue sono un popolo orgoglioso, pragmatico ed un po’ gingoista; essi danno infatti grande enfasi al loro amore per la loro patria e sono spietati con i loro nemici, e questo è un aspetto molto tangibile anche in-game, essendo un tema ricorrente in molte frasi degli npc. La reputazione isolazionista dei Sin’dorei è ben meritata, in quanto da sempre questo popolo preferisce non aprirsi all’esterno, sebbene esistano eccezioni a questo stereotipo. Non bisogna però dimenticare una elemento essenziale: gli Elfi del Sangue è una razza di sopravvissuti, e le loro figure più importanti (in un primo momento il Principe Kael’thas ed ora Lady Liadrin e Lor’themar Theron) si sono erte come esempi di coraggio, tenacia e forza per i quali combattere, indipendentemente da quali nemici si frapponessero al popolo elfico.
Una volta, Quel’Thalas ospitava cerimonie luminose e pompose con finte battaglie e grande sfarzo, ma le varie calamità e tragedie che gli ex Alti Elfi hanno dovuto sopportare hanno cambiato questo aspetto culturale, rendendo queste cerimonie sempre più cupe ed amare, essendo gran parte delle volte commemorative.
L’architettura degli Elfi del Sangue ha mantenuto lo stesso illustre ed elegante design risalente ai tempi di quando Dath’Remar Sunstrider fondò Quel’Thalas, un design che si rifaceva fortemente a quello del grande Impero Kaldorei dei tempi antichi. Ciò implica quindi creazioni eleganti sculture, e ricorrenti temi naturali e “curvici”, in uno stile molto vicino a quello dell’Art Nouveau del mondo reale. Le fontane elfiche sembrano sfidare le leggi della fisica, creando o deformando l’acqua in modi impossibili.
Un altro tema molto presente nella cultura Sin’dorei è quello di un animale, la fenice. Durante la Terza Guerra, i maghi del sangue avevano la capacità di richiamare fenici dal Piano Elementale del fuoco e queste creature sembrano essere profondamente connesse con i Sin’dorei, forse perché condividono una natura distruttiva, o forse a causa della loro composizione puramente magica. Proprio quest’ultima ipotesi è ciò che potrebbe consentire agli Elfi del Sangue di avere un maggiore controllo su di loro. Ovviamente, poiché la fenice muore e rinasce, essa è diventata un vero e proprio simbolo che questo popolo ha fatto suo. I Sin’dorei infatti, metaforicamente “morirono” come Elfi Alti e rinacquero come Elfi del Sangue.
Un altro argomento molto importante riguardo alla società degli Elfi del Sangue è la dipendenza dalla magia. Dalla distruzione del Pozzo Solare per mano di Arthas e del Flagello, questo popolo è stato costretto a gestire un’improvvisa “fame” da energia arcana. Quest’aspetto risale tuttavia a tempi ancora più remoti. Si tratta infatti di problema costante da quando l’originale Pozzo dell’Eternità venne distrutto, e con la distruzione del Pozzo Solare, la dipendenza è diventata più potente che mai. Molti infatti non sanno che gli Elfi del Sangue, a seguito di quella enorme perdita, trascorrevano le loro giornate alle prese con la loro debolezza, cercando di combatterla sottraendo energia magica da ciò che li circonda, (in molti casi da dei cristalli di mana), o cercando di resistere alla tentazione di nutrirsi.
Si trattava di una vera e propria lotta costante, senza tregua e chi ne usciva sconfitto, perdeva la ragione o veniva corrotto.
In diverse occasioni dopo la contaminazione del Pozzo Solare, Kael’thas affermò pubblicamente che il suo popolo sarebbe morto se non avesse trovato una nuova fonte di magia e non c’è dubbio che l’interruzione improvvisa dal “nutrimento” dalla magia arcana, sia un processo molto spiacevole. Tecnicamente, però, il Principe si sbagliava. Secondo i migliori sacerdoti e medici di Azeroth infatti, gli unici elfi che morirono a causa della perdita del Pozzo Solare erano vecchi, giovanissimi e coloro che erano già in cattive condizioni di salute.
Questo ovviamente non vuol dir, che la “privazione” della magia come nutrimento lasciò incolumi gli elfi in salute. Al contrario, molti di essi riscontrarono un danno fisico o mentale permanente.
Anche alla luce di tutto questo, l’accettazione relativamente rapida del Principe riguardo a misure terribili ( come ad esempio, drenare la magia dai demoni) non è da considerarsi affatto caratteristica degli Elfi del Sangue come popolo. Un conto era infatti drenare questa magia da dei piccoli esseri o da dei semplici cristalli di mana. Ben diverso era invece farlo da creature che nulla avevano a che fare con l’ideologia elfica e che anzi erano dei nemici dichiarati.
Gli elfi trovarono la loro fonte di sostentamento nel mistico Pozzo Solare per diversi millenni, durante i quali divennero progressivamente dipendenti dal suo potere. Il bisogno di nutrimento verso la magia arcana tuttavia, divenne veramente evidente solo dopo la distruzione del Pozzo, quando i Sin’dorei furono improvvisamente tagliati fuori dal flusso costante di magia con cui il Pozzo permeava ogni fibra del loro essere.
Privati di quella che era stata la loro fonte di nutrimento per così tanto tempo, gli Elfi del Sangue furono costretti a gestire la loro dipendenza in modo diverso. Attraverso Illidan Stormrage (il quale dichiarò subito che la dipendenza magica non può essere “curata” in alcun modo, ma solo saziata), il principe Kael’thas acquisì le conoscenze su come “drenare” la magia arcana da altre fonti, siano esse oggetti o creature portatrici di mana. Questo processo fu soprannominato “Mana Tap” e divenne una parte importante e sempre più essenziale della vita degli Elfi. Kael ordinò a Rommath di diffondere questi insegnamenti a Quel’Thalas, come un modo per saziare – ma non curare – la dipendenza del suo popolo dalla magia. Quel metodo venne così insegnato fino a quando tutti gli Elfi del Sangue non avessero appreso le tecniche necessarie per attingere energie arcane da cristalli, artefatti, creature o persino creature mortali. Questa tecnica fu anche causa di contesa all’intero della società elfica: alcuni la consideravano immorale, mentre altri arrivarono a subire delle vere e proprie mutazioni fisiche a causa dell’abuso di tale pratica.
Alla fine, come sappiamo, il Pozzo Solare venne ricostruito e purificato, ed è oggi un misto tra magia arcana e Luce Sacra. Grazie a questa storica svolta, la dipendenza elfica ha – nella maggior parte dei casi – iniziato a tornare sotto controllo, così com’era prima della distruzione del Pozzo durante la Terza Guerra. Con l’incoraggiamento del Reggente Lor’themar Theron, la capacità di saziare la propria dipendenza tramite il nuovo Pozzo si è sempre più diffusa, ed i Sin’dorei sono ormai un popolo quasi completamente redento dalle pratiche del passato. Tuttavia, alcuni elfi rimangono tutt’oggi affascinati dai loro precedenti metodi per attingere potere magico e sono poco inclini a rinunciarci.
Ben altro discorso va invece fatto per le credenze elfiche. Gli Elfi del Sangue venerano un’idea metaforica del sole nella loro cultura. Essi si considerano infatti i “benedetti dal sole”, e questa credenza è particolarmente radicata nella cultura elfica, tanto che gli stessi Sin’dorei l’hanno “incorporata” anche nei semplici saluti quotidiani (“il Sole eterno ci guida”). Questa riverenza è data da un’opposizione risalente ai primi Alti Elfi, i quali volevano a tutti i costi distaccarsi dai loro “parenti” Kaldorei che li avevano esiliati, i quali come sappiamo, avevano ed hanno tutt’oggi un profondo culto per la Luna. Ed è proprio questa credenza che portò la società elfica ad incentrarsi sul Pozzo Solare, che nutrì e protesse Quel’Thalas ed i suoi cittadini per ben settemila anni prima della sua distruzione. La perdita del pozzo fu talmente un grave evento per i Sin’dorei, che i cittadini di Quel’Thalas arrivarono ad incorporare il concetto di “ricordo” in onore della loro “fonte di nutrimento e protezione” anche nei saluti di congedo (“Ricorda Pozzo Solare”).
Ma tornando un attimo al passato, quando erano ancora Alti Elfi, diversi Elfi del Sangue di oggi erano membri della Chiesa della Luce Sacra, il quale era un credo molto diffuso nella società elfica. Tuttavia, In seguito all’invasione del Flagello, un certo numero di Sin’dorei iniziò a credette che la Luce li avesse abbandonati proprio nella loro ora più buia. Uno dei sostenitori più importanti di questa convinzione fu Lady Liadrin, una sacerdotessa che rinunciò ai voti alla Luce proprio a causa di questo presunto abbandono. Una disillusa Liadrin e molti dei suoi seguaci avrebbero in seguito usato la Luce come strumento militare, “prendendolo” con la forza invece di affidarsi alla fede per maneggiare il suo potere, sebbene alcuni sacerdoti al di fuori del regno in rovina rimasero fedeli nella guida della Luce e continuarono a credere il Lei.
Due parole infine sulla longevità di questo popolo. Gli Elfi del Sangue possono potenzialmente vivere fino a diverse migliaia di anni. Sembrerebbe inoltre che la maturazione fisica sia all’incirca alla pari con l’invecchiamento umano, come si può intuire da diversi giovani elfi (come Valeera Sanguinar, che era una bambina durante l’invasione del Flagello, ma maturò fisicamente qualche anno dopo). Il processo di invecchiamento sembra anche uniformarsi attorno al picco fisico raggiunto dal soggetto.
La velocità con cui invecchiano precisamente gli Elfi del Sangue è tuttavia sconosciuta, ma i più vecchi di questo popolo sembrano raggiungere i tremila anni d’età. Anasterian Sunstrider, l’ultimo Re di Quel’Thalas, ebbe una vita estremamente lunga, avendo assistito ad una serie di conflitti antichi e di lunga data (basti pensare che Anasterian conobbe Thoradin, il primo Imperatore umano) e morì all’incirca proprio a tremila anni (e non per cause naturali). A questo punto della sua vita, l’aspetto fisico del Re era diventato vecchio e avvizzito, suggerendo che la tipica vecchiaia elfica sopraggiunge proprio in quel periodo di tempo.
Una piccola curiosità in questo senso, ci viene data anche da Jaina Proudmoore, la quale afferma che tra i Predatori del Sole, ci siano ancora oggi alcuni membri che insegnarono la magia ai primi cento umani della leggenda, il che implica che alcuni di essi abbiano quindi più di duemila anni.
Illustrazione immagine in evidenza di Jackson Tjota