Il lago craterico di Tyr’s Fall è uno dei luoghi più antichi e suggestivi di tutta Azeroth, la cui storia risale a tantissimo tempo fa.
Per raccontarla, infatti, bisogna tornare indietro nel tempo di migliaia di anni, quando i Custodi Tyr, Archaedas, Ironaya e i loro seguaci fuggirono da Ulduar dopo aver rubato i Dischi di Norgannon dal corrotto Loken, leader dell’ordine. Per inseguirli e recuperare i Dischi, lo stesso Loken inviò due dei più potenti generali appartenenti alla razza C’Thrax, Zakajz e Kith’ix, i quali alla fine raggiunsero i fuggiaschi molto più a sud, in una tranquilla radura.
Temendo per i suoi alleati, il Custode Tyr ordinò così ai suoi amici di guidare il resto di coloro che li avevano seguiti da Ulduar ancora più a sud, mentre lui avrebbe cercato di guadagnare più tempo possibile. C’è da ricordare che in quei giorni, nel leggendario Custode non restava altro che l’ombra del potere del Titano Aggramar, ma Tyr decise comunque combattere. Nonostante questo, lo scontro fu di dimensioni colossali, con torrenti di energia arcana e d’ombra che squarciarono la radura un tempo pacifica. Secondo le storie, il combattimento tra Tyr e i C’Thrax durò sei giorni e sei notti, ma il Custode non cedette mai, e nemmeno i suoi nemici lo fecero.
Tuttavia, quando la stanchezza iniziò a farsi sentire, Tyr decise di sacrificarsi per proteggere i suoi alleati. Scatenando tutto il suo potere, utilizzò tutta la sua forza vitale contro i suoi nemici in un’esplosione accecante e massiccia di energia arcana che venne avvistata persino da Archaedas e Ironaya, i quali si trovavano in quel momento nell’estremo sud dell’antico Kalimdor. Preoccupati, i due Custodi tornarono indietro, raggiungendo il campo di battaglia. Lì trovarono un gigantesco cratere permeato di magia arcana, nel quale riposavano i corpi senza vita di Tyr e di Zakazj. L’altro C’Thrax invece, Kith’ix, riuscì a salvarsi per un soffio all’attacco di Tyr e, gravemente ferito, fuggì verso ovest, per non essere più visto per molti anni.
In onore del loro amico caduto, Ironaya chiamò la radura che circondava il cratere, con il nome di Tyr’s Fall, che nella lingua Vrykul si sarebbe in seguito tradotto in Tirisfal, il nome con cui ancora oggi il luogo è conosciuto. Successivamente, Ironaya ed i suoi seguaci seppellirono Tyr e Zakaji nell’esatto punto dove essi giacevano, posizionando la massiccia mano d’argento di Tyr in cima alla sua ultima dimora come memoriale del suo valoroso sacrificio. L’eco di quella battaglia scosse gli animi di molti, ma un popolo in particolare restò particolarmente colpito: i Vrykul, infatti, furono così commossi dalle gesta del Custode che decisero di stabilirsi sul luogo della battaglia e vegliare sulla tomba di Tyr fino alla fine dei loro giorni.
Da quel giorno passarono millenni, e nel corso del tempo, il cratere si riempì d’acqua, divenendo un lago e seppellendo sotto di esso la tomba.
Ma torniamo ai vrykul ed al loro giuramento. Coloro i quali decisero di vegliare sulla tomba, formarono quello che oggi possiamo considerare come l’ordine antenato dei Paladini, ovvero la Guardia di Tyr. Questi vrykul, sapendo bene che non sarebbero vissuti per sempre, iniziarono a arruolare nei loro ranghi alcuni dei primi uomini, insegnando loro la storia del Custode caduto, i suoi princìpi di sacrificio e di giustizia, e la verità su ciò che si trovava all’interno della tomba, ovvero l’arma di Tyr, la leggendaria Mano d’Argento.
La Guardia di Tyr avrebbe assunto al proprio compito per secoli e secoli, fallendo un’unica volta, migliaia di anni dopo, quando un leggendario Imperatore di Arathor, ossessionato dalla storia della sua specie, dopo aver abdicato al trono si recò alle Radure di Tirisfal.
IN ALTO: La Mano d’Argento di Tyr. Illustrazione di Peter C. Lee