Nella giornata di ieri, si è conclusa, su Neflix, la seconda stagione del remake di uno degli anime più storici della fine degli anni 80, che probabilmente ricorderanno meglio i millennial: Ranma 1/2. Mentre tra una settimana terminerà la terza stagione di un altro anime, questo molto più recente: Spy x Family. E se del primo titolo ricordo ancora piuttosto bene gli episodi dell’anime originale di quegli anni, il secondo lo scoperto (e recuperato) solo di recente. All’apparenza non hanno quasi nulla in comune, tranne forse avere larghi tratti comici. Su Ranma 1/2 assistiamo alle (dis)avventure di questo ragazzo che per una maledizione si trasforma in ragazza a contatto con l’acqua fredda, mentre su Spy x Family ci troviamo davanti ad una famiglia che si forma praticamente per caso e solo per convenienza, ognuno con il suo scopo. Sono due anime semplicissimi e guardandoli quasi in contemporanea, mi sono fatto una domanda proprio su questo aspetto. C’è bisogno di una grande storia per avere dei grandi personaggi? Un personaggio scritto bene, necessita di intrecci complicati e vari livelli di stratificazione? Oggi volevo provare a rispondere a questa domanda insieme a voi, mettendo a confronto due dei protagonisti di questi anime: Anya Forger e Ranma Saotome.
Non hanno quasi nulla in comune, dicevamo poco fa, giusto? Eppure, esistono opere che, pur nate in epoche diverse, sembrano dialogare tra loro come se condividessero lo stesso spazio narrativo. Non perché raccontino la stessa storia (nel caso di oggi sono proprio lontanissime), ma perché pongono la stessa domanda fondamentale. Ed ecco, Ranma 1/2 e Spy x Family appartengono a questa categoria, perché entrambi alla fine ruotano attorno allo stesso nucleo tematico: chi siamo, quando il mondo ci costringe a interpretare un ruolo?
In Ranma 1/2 emerge con maggiore chiarezza ciò che nell’opera originale era spesso nascosto sotto il ritmo frenetico della commedia: l’identità del protagonista, Ranma appunto, non è mai stabile, ma reattiva. Come dicevamo, una secchiata d’acqua è sufficiente a cambiare tutto. Il corpo muta, ma il conflitto non è biologico: è sociale. Ranma non perde sé stesso quando il suo corpo cambia forma, ma perde il controllo su come viene percepito, letto, definito.

Allo stesso tempo, Anya Forger vive una condizione sorprendentemente simile, anche se in direzione opposta. Il suo corpo non cambia mai, ma la sua mente è un territorio proibito. Legge i pensieri, conosce i segreti, vede dietro le maschere prima ancora che vengano indossate. Ma mentre il segreto di Ranma è noto a più o meno tutti gli altri personaggi, quello di Anya non è rivelabile, perché farlo significherebbe distruggere l’equilibrio che la circonda. E le opposizioni non si limitano a questo.
In Ranma 1/2 (non solo per il protagonista ma anche per altri personaggi come Shampoo, Ryoga o Mousse afflitti da una maledizione simile a quella di Saotome), il corpo è un campo di battaglia costante. È una fonte di comicità, certo, ma anche di esposizione e vulnerabilità. Ogni trasformazione costringe Ranma e degli altri li costringe a confrontarsi con aspettative che non hanno scelto: forza, genere, desiderio altrui, vergogna, identità imposta. Ed in questo remake, questo sottotesto emerge con maggiore consapevolezza; la risata resta, ma non cancella il disagio, bensì lo accompagna.
Anya Forger, al contrario, possiede il corpo “perfetto” per non essere messa in discussione: piccola, innocua, adorabile (è letteralmente la dolcezza fatta personaggio). Eppure, dentro di lei transitano guerre, omicidi, complotti, traumi adulti. In entrambi i casi, la commedia non serve a negare il dolore, ma a renderlo sopportabile, narrabile e umano.

Non solo, Ranma 1/2 è anche una storia di famiglie che decidono al posto dell’individuo. Fidanzamenti combinati, eredità forzate, destini già scritti.
Ranma combatte continuamente contro questo sistema, ma non può semplicemente uscirne. In Spy × Family accade l’opposto: la famiglia nasce da una menzogna, da un accordo temporaneo, da una necessità strategica e diventa reale proprio perché nessuno era obbligato a esserci.
Loid, grande spia Twilight, non dovrebbe essere padre, così come Yor, l’assassina spietata durante il lavoro, non dovrebbe essere madre e così come Anya non dovrebbe far parte di quella casa. Eppure è proprio quest’ultima a tenere tutto insieme! Sia Ranma che Anya smascherano la stessa illusione: le strutture familiari funzionano solo quando diventano scelte, non imposizioni.
Questi due personaggi risultano quindi essere più vicini di quel che si possa pensare. Vediamo Ranma essere un combattente eccezionale che vorrebbe una vita semplice, mentre Anya è una bambina fragile che regge un peso enorme. O ancora, Ranma combatte perché non ha alternativa, mentre Anya comprende perché semplicemente non può smettere di farlo. Ecco quindi che la commedia diventa allora uno scudo narrativo; non superficialità, ma protezione.
Certo, è innegabile anche che oggi Ranma 1/2 può essere visto con occhi diversi rispetto a trent’anni fa, perché il pubblico contemporaneo è pronto (forse) a leggere ciò che prima era solo caos comico, mentre ora magari si ci può vedere qualche tematica più attuale… Temi che anche Spy × Family affronta, ma con delicatezza emotiva, mentre Ranma 1/2 lo fa con energia esplosiva.
Alla fine, sono due linguaggi diversi, ma con lo stesso messaggio narrativo di fondo. Perché sia Anya Forger che Ranma Saotome raccontano la stessa verità, a trent’anni di distanza: si può ridere non perché il mondo sia semplice, ma perché è l’unico modo per attraversarlo senza spezzarci. Si può cambiare il corpo o leggere la mente, ma entrambi ci mostrano che l’identità non è una risposta definitiva, ma un equilibrio fragile tra ciò che siamo, ciò che nascondiamo e ciò che scegliamo di proteggere.
Ed è per questo che oggi, come ieri, Ranma ½ e Spy × Family parlano la stessa lingua. Una lingua fatta di caos, affetto, maschere e di quella magia narrativa che nasce quando la commedia smette di essere solo risata e diventa rivelazione.
Quando dei personaggi possono essere belli, interessanti e accattivanti anche se sono immersi nel fan service, nelle battute idiote e nelle situazioni più stupide e assurde. Anche senza avere la grande storie dietro. Perché come sempre l’ago della bilancia è sapere quello che si vuole scrivere. Senza premesse roboanti, anche nei mondi più semplici che si possano immaginare.























