Quello della solitudine è un tema ricorrente nel medium videoludico, spesso usato per intensificare l’esperienza emotiva del giocatore, tanto che negli ultimi anni, alcuni game designer hanno saputo trasformare l’isolamento in un elemento narrativo e immersivo. Ad esempio, online si parla di “un movimento di videogiochi più psicologici che attingono all’atmosfera e alla meraviglia della solitudine”. In questo filone titoli come Dear Esther, Gone Home o Firewatch privilegiano il silenzio e l’esplorazione emotiva al posto dell’azione frenetica, proponendo un’esperienza in cui il giocatore riflette sul proprio viaggio. In questi mondi silenziosi la solitudine non è un difetto, ma un elemento di design voluto e molti sviluppatori la usano per aumentare l’empatia del giocatore e favorire l’introspezione. In alcuni titoli, sono le meccaniche stesse ad enfatizzare questo vuoto: nessuna mappa luminosa che indica la via, nessuna ricompensa immediata, solo un ambiente da esplorare in completa libertà. La solitudine diventa così un catalizzatore emotivo, in grado di far emergere sentimenti e riflessioni personali nel giocatore.
Un mondo che affronta molto bene questo tema è sicuramente quello di Hollow Knight e del recente Silksong (Team Cherry, rispettivamente 2017 e 2025). Oggi andremo ad esplorare il come questo avvenga e le differenze che ci sono nei due titoli in questo senso, soffermandoci sul aspetti specifici di questi due videogiochi di grande successo.
In Hollow Knight il giocatore impersona il Cavaliere, un protagonista misterioso, silenzioso e passivo attraverso cui scoprire il regno di Nidosacro. Quella che viene presentata è una storia frammentaria e minimalista: il regno è spoglio, e il protagonista è in larga parte un osservatore solitario delle rovine del passato (in una narrazione che prende a piene mani dai souls). Al contrario, in Silksong la protagonista Hornet è un personaggio ben definito, scritto e parlante: Team Cherry la descrive come “più espressiva e decisa” rispetto al Cavaliere, con intenzioni e obiettivi chiari. La nostra protagonista interagisce con gli abitanti di un altro regno, quello di Lungitela, tramite un sistema di missioni, che rende esplicite le sue motivazioni. Una bella svolta rispetto al primo titolo! Tuttavia, l’elemento della solitudine rimane comunque centrale: molti insetti pellegrini nel gioco condividono “la solitudine del loro percorso” (tutti compiono il loro pellegrinaggio da soli, fateci caso) ed anche la stessa Hornet è molto solitaria ed anche egoista se vogliamo. In sintesi, Hollow Knight narra l’isolamento di un “regno dimenticato” con un protagonista muto e solitario mentre Silksong ambienta la solitudine in un contesto diverso: tanti viaggiatori soli e una principessa guerriera che parla e agisce (ma sempre da sola), in bilico fra fede e determinazione personale.
Come abbiamo accennato, poco fa Hollow Knight prende a piene mani dalla narrazione di scuola souls. Ed ovviamente questo non può che trovare la sua massima espressività nel comparto artistico del gioco, così come in quello del suo successore. Nidosacro è dipinto con tonalità cupe e spente: villaggi deserti e città nebbiose evocano un’atmosfera di abbandono. Pensate semplicemente alla prima area, Pulveria, è praticamente vuota e la sublime colonna sonora di Christopher Larkin la ritrae con un tema al piano “solitario” e malinconico! E tutto questo si avverte per larga parte del mondo di gioco. Anche le regioni più “vive” di Nidosacro appaiono avvolte dalla desolazione: il bellissimo tema musicale di Verdevia è costruito su quello di Pulveria, ma è più vivo e meno cupo proprio perché, nonostante la vita rigogliosa, quell’alone di tristezza del regno che svanisce persiste. In generale Hollow Knight alterna ambienti bui e silenziosi (labirinti sotterranei, città e palazzi in rovina) sottolineando visivamente la solitudine del regno. Al contrario, Lungitela in Silksong è un regno ricco di colori e dettagli: le ambientazioni spiccano di verde e di toni corallini (alcune zone sono proprio tematiche) e al centro di tutto questo si erge la Cittadella, una città sacra con un design barocco eccessivo che svetta sul resto del regno. D’altronde, la stessa Lungitela è descritta dagli sviluppatori come un “regno di seta e canto vibrante e opulento” dove ogni regione è popolata e visivamente viva. Nel design artistico, dunque, Silksong punta su un’estetica luminosamente dettagliata, su una “sinfonia” visiva (per restare in tema) più veloce e brillante contrapponendosi allo stile più cupo e spoglio di Hollow Knight.
Ne abbiamo accennato poco fa, ma anche la colonna sonora di Hollow Knight rinforza il tema della solitudine: i brani sono minimali e malinconici praticamente in ogni regione di Nidosacro, anche in quelle in apparenza più “vive”, con tutta la OST che alterna voci lontane e archi sospesi, instillando un senso di abbandono e meraviglia triste. In Silksong invece, Larkin torna a comporre immergendo Lungitela in delicate corde, cori echeggianti e temi suggestivi; basti pensare ad alcuni brani, come lo stesso tema di Hornet, composti con un mix di tonalità: da una parte ritmi più vivaci e accompagnamenti di archi veloci, dall’altra pianoforti lenti e malinconici che richiamano l’atmosfera del titolo precedente. In pratica, l’identità musicale di Silksong mantiene l’oro lirico del primo gioco ma lo infonde con accenti più solenni e maestosi. Un equilibrio fra la tragedia “in sordina” di Nidosacro e la malinconia raffinata di Lungitela.
E dal punto di vista del gameplay? Sotto questo punto di vista, Hollow Knight enfatizza la solitudine con un mondo poco guidato: è facile perdersi, i bivi non sempre indicati, e il giocatore affronta le sfide quasi sempre da solo, mentre Silksong mantiene sì l’esperienza esplorativa del primo titolo, ma al suo interno ha molti più NPC con cui interagire, senza dimenticare le molte sidequests presenti in gioco. Tutto questo fa sì che Silksong tenda a mitigare un po’ la solitudine offrendo obiettivi collaterali e indizi narrativi, ma restando sempre fedele al pattern del dramma personale.
Hollow Knight e Silksong sono due giochi che affrontano la solitudine in modi diversi come abbiamo visto, ma che mette il tema al centro del viaggio in egual modo. Sono entrambi viaggi molto introspettivi che possono spingere il giocatore, solo come il Cavaliere e Hornet, a riflettere, a pensare e, perché no, anche a guardarsi un po’ dentro.